Sì è aperta e richiusa quasi subito, per l’astensione degli avvocati penalisti (nonostante i detenuti in gabbia), la prima udienza del processo d’appello 'Manonera' in aula bunker al tribunale di Napoli. Processo al ‘gotha’ della camorra di Torre Annunziata.

Cinquantuno i presunti affiliati ai tre clan ‘Gionta’, ‘Gallo-Cavalieri’ e ‘Gallo-Pisielli’, alla sbarra oggi dinanzi ai giudici della sesta sezione della Corte e imputati a vario titolo di associazione di tipo mafioso finalizzata allo spaccio, estorsione, riciclaggio, detenzione e porto illegale di armi. Reati per i quali, nonostante la scelta del rito abbreviato con possibile sconto di un terzo della pena, uomini e donne delle cosche egemoni in città hanno già subito in primo grado una vera e proprio ‘mazzata’.

Oltre 500 gli anni di carcere inflitti in sentenza dal gup di Napoli Umberto Lucarelli il 30 settembre 2014: la pena più pesante, quel giorno, per Nicola Guida (28 anni), considerato un reggente dei 'Cavalieri' all'atto del suo arresto avvenuto l'anno prima. Il 57enne Francesco Gallo, alias «Ciccio ‘o Cavaliere», fu invece condannato a 26 anni di reclusione. Il suo omonimo boss «Francuccio ‘o pisiello», noto anche per la presunta estorsione ai danni di ‘Cattleya’, società  produttrice della serie tv ‘Gomorra’, si beccò 18 anni. Otto anni e dieci mesi a Michelina Manzi. Vent'anni e mezzo di carcere per Giovanni Colonia, considerato il braccio destro di «Ciccio ‘o Cavaliere».

Un verdetto pesantissimo cui si contrapposero le 56 assoluzioni, “per non aver commesso il fatto”, scaturite dal filone-bis di ‘Manonera’ pochi mesi dopo la prima ‘batosta’: condannati in quel frangente solo i collaboratori di giustizia Tiziana De Falco (4 anni), Aldo Del Lavale (8 anni), Giuseppe Di Nocera (6 anni), Michele Luppo (8 anni) e Giuseppe Sentiero (7 anni).

Proprio Giuseppe Sentiero svelò alla DDA di Napoli i retroscena degli omicidi di camorra che dal 4 novembre 2008 (giorno del blitz ‘Alta Marea’ contro il clan Gionta) insanguinarono le strade di Torre Annunziata. Città stritolata da un’acerrima faida tra cosche rivali. Gli stragisti del Penniniello sfidarono Pasquale Gionta. Fu l’inizio della guerra con un solo obiettivo: sterminare i  vecchi alleati divenuti nemici.

La retata ‘Mano Nera’, con gli 80 arresti eseguiti dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata (allora agli ordini del maggiore Alessandro Amadei) all’alba del 4 aprile 2013, mise fine dopo cinque anni al terrore per le strade e agli omicidi studiati a tavolino per il controllo del traffico di droga in città.

In foto, un momento del blitz all’alba al rione ‘Penniniello’

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