Torre Annunziata. Potrà finalmente impugnare la sua condanna a 4 anni di reclusione con interdizione dai pubblici uffici -  inflittale l’8 maggio 2012 dal Tribunale di Brescia per bancarotta fraudolenta - Carmela Avitabile, la 46enne di via Tuttavilla a Torre Annunziata, finita allora alla sbarra con l’ex latitante di Ottaviano V. C. C. (47 – assolto nella circostanza per non aver commesso il fatto), arrestato nel 2011 a Valencia con mandato di cattura europeo e con l’accusa di essere tra le menti della “holding” vesuviana finalizzata alla procurata bancarotta di aziende già sull’astrico del Nord. La “holding” venne sgominata solo dopo che i carabinieri del comando provinciale di Padova eseguirono 14 ordinanze di custodia cautelare e 30 perquisizioni in almeno 7 ditte con sede in Veneto, Lombardia ed Abruzzo.

LA VICENDA. La 46enne di Torre Annunziata finì a processo con l’ex latitante per l’oscuro fallimento della “Avica s.r.l”, società lombarda di ristorazione della quale la Avitabile era amministratore unico. Azienda il cui ramo fu poi rivenduto nel 2008 per 7mila euro alla “ImmobilVacanze” di Napoli: società il cui legale rappresentante era invece proprio Catapano. Un complesso sistema di “scatole cinesi”, messo in piedi per la Procura di Padova (a capo dell’inchiesta principale e connessa) per commettere i reati di bancarotta fraudolenta, truffa e falsità in scrittura privata, con un giro d’affari di circa 50 milioni di euro: il tutto riconducibile – per gli inquirenti – al “Gruppo” dei fratelli C. (il 28 marzo 2011 i carabinieri di Padova arrestarono anche G., il presunto fondatore della omonima “holding” e all’epoca rettore dell’Università Popolare degli Studi di Milano, ndr).

“L’associazione capeggiata dai fratelli C. offriva anche assistenza ai prestanome per i reati di bancarotta fraudolenta agli stessi riconducibili, al fine di tenerli all’oscuro delle vicende processuali”si legge nell’ordinanza che decapitò la relativa “holding” - . Per i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Brescia proprio quanto successo a Carmela Avitabile, la 46enne di via Tuttavilla condannata a 4 anni di galera, ma che aveva “sottoscritto un mandato difensivo confezionato” ad arte per un avvocato di Napoli, all’epoca persino sospeso dall’Albo perché in stato di custodia cautelare. Il legale della Avitabile, l’avvocato Fabio Ferrante, ha quindi chiesto ed ottenuto la possibilità di impugnare una sentenza sconosciuta alla donna torrese, che sulla carta però figurava come “amministratore unico” della “Avica s.r.l.”.

L’INCHIESTA.  Il "Gruppo" C. – secondo quanto emerso dall’inchiesta principale - proponeva ad aziende in difficoltà dei progetti di salvataggio, ottenendo in cambio significativi compensi in contanti (in media il 15 per cento dei debiti dell'azienda da salvare). Le operazioni di svuotamento delle imprese avvenivano – la tesi degli inquirenti - attraverso la contestuale costituzione di due società di capitali (di cui una sottoposta al diritto straniero) con amministratori unici indicati dall’imprenditore, che poi provvedeva a girare alla “newco” utili e beni immobili, macchinari di proprietà o in leasing, attrezzature, marchi ed altri cespiti. A fianco alla “newco”, infine, veniva messa in parallelo una Srl italiana - di fatto inesistente - su cui far confluire tutti i debiti e le passività. 

  

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