Continuano a tappeto le indagini della polizia di Torre Annunziata – agli ordini del primo dirigente Vincenzo Gioia e del vicequestore Elvira Arlì – per far luce sul movente del raid con bomba carta che nella notte tra venerdì e sabato ha distrutto la saracinesca della “Caffetteria del Corso”, bar all’angolo di via Bertone, il “regno” di camorra del clan Gionta. In attesa delle analisi della Scientifica, sviluppi importanti per l’inchiesta potrebbero giungere dalle testimonianze di alcuni residenti della zona, ascoltati in Polizia nell’immediatezza dell’attentato.

QUELLA MACCHINA "COI VETRI ROTTI". Chi abita nei pressi del bar avrebbe già fornito agli inquirenti una pista da seguire: un’utilitaria di colore chiaro, coi vetri in frantumi a causa dell’esplosione, sarebbe stata fatta “sparire” ad arte, subito dopo il raid delle 5 e per non destare sospetti prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. L’autovettura era parcheggiata poco distante dalla caffetteria di corso Vittorio Emanuele. Spetterà ora alle indagini in corso chiarire, se e in che modo, l’auto dai “vetri rotti” possa essere collegata con la dinamica dell’attentato.

La bomba carta ha mandato in frantumi anche le finestre di due case disabitate ai primi piani dei palazzi (in foto). Il boato, provocato dalla violenta esplosione, è stato avvertito in tutta la città: anche in zona Porto e in via Prota, nei quartieri a nord. Molti cittadini hanno raccontato di essersi svegliati di soprassalto, col cuore in gola e nel mezzo della notte, quasi “pensando all’eruzione del Vesuvio”.

LE IPOTESI. Sono tre, ciascuna è valida per gli inquirenti. E al momento tutte restano in piedi: racket, faida tra clan rivali o tra giovani in lotta all’interno della stessa cosca. Quella dei Gallo-Cavalieri, che controlla parte del giro di estorsioni e del mercato della droga in zona sud. Se infatti per il rapporto semestrale Dia – a Torre Annunziata – “il gruppo dominante è da individuare nel clan Gionta”, sono invece i Cavalieri (nelle due ramificazioni Gallo e Pisielli) ad essersi rafforzati nel 2016 sul territorio. Il tutto, dopo alcune recenti scarcerazioni definite “di prestigio” dagli stessi investigatori.

Il clan fu decimato nel 2013 dal blitz anti-droga “Mano Nera”: 80 le ordinanze di custodia, eseguite il 4 aprile dai carabinieri su ordine dell’Antimafia di Napoli. Ma lo scorso 11 maggio, dopo i cinque secoli e mezzo di carcere distribuiti ai danni di 51 affiliati, tra cui il boss Francesco Gallo ‘Pisiello’, sono giunte ben 56 assoluzioni in primo grado e con formula piena nell’ambito del filone-bis dell’inchiesta. Solo sette i condannati. Tra questi, i collaboratori di giustizia Tiziana De Falco, Aldo Del Lavale, Michele Luppo e Giuseppe Sentiero. Dai quattro agli otto anni di carcere le pene incassate.

 

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L'intervista

Rischio faida

Le indagini

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