TORRE ANNUNZIATA. ‘Bunker’ hi-tech, protetto da 5 micro-camere sui tetti per eludere eventuali controlli anti droga: torna libero Michele Genovese, il 42enne di Torre Annunziata e con precedenti anche per contrabbando, arrestato ieri dalla polizia in via De Simone, nei dintorni di Palazzo Fienga, l’ex roccaforte del clan Gionta (vedi articolo e video correlato, ndr).

L’uomo, imparentato con alcuni elementi del clan, era finito in manette con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio. Circa 13 i grammi di cocaina e crack, rinvenuti dagli agenti del Commissariato oplontino (agli ordini del primo dirigente Vincenzo Gioia e della vice Elvira Arlì) all’interno di un’abitazione al piano terra di via De Simone ed in uso al presunto pusher.

Una casa secondaria, con utenze intestate a Michele Genovese. Ma non c’è nessuna prova che quella droga fosse sua” - la tesi difensiva sostenuta oggi in tribunale dagli avvocati del 42 enne, i legali Luciano Bonzani e Salvatore Irlando. Tesi che ha convinto il giudice a rimettere l’uomo in libertà. Il pm, per Genovese, aveva chiesto gli arresti domiciliari.

Secondo gli inquirenti, a presidio della presunta attività di spaccio (sequestrato al termine del blitz anche un pentolino forse usato per ‘sciogliere’ le dosi) Michele Genovese aveva installato un sofisticato sistema di video-sorveglianza, composto da 5 micro-camere poste sul tetto dello stabile; un ricevitore di segnale radio per telecomando; un'antenna per ricezione segnale; 3 alimentatori, un modulatore audio/video ed un quadro visore modello HIKVISION. Vicino all’abitazione, passata letteralmente al setaccio, gli agenti avevano inoltre rinvenuto e sequestrato una pistola a salve modello “Bruni cal 8ml”.

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