Torre Annunziata. “Venti anni a Pasquale Gionta, sconti di pena per sua sorella Teresa e per Gemma Donnarumma. Conferme ai ‘quaglia quaglia’ ed ai De Simone ‘fransuà’”. È ripartito così ieri, dinanzi alla V sezione della Corte d'Appello di Napoli, il processo “Alta Marea”: alla sbarra 25 tra boss e colonnelli del clan camorristico Gionta. E subito sono arrivate in tribunale le nuove richieste di condanna, dopo l’annullamento della sentenza di secondo grado ottenuto in Cassazione da parte degli imputati.

Sconti di pena sono stati chiesti per i pentiti del clan di via Bertone, ma soprattutto per Gemma Donnarumma (difesa dagli avvocati Giovanni Tortora, Nicolas Balzano e Gaetano Rapacciuolo), moglie del super-boss ergastolano Valentino Gionta, che per l’Antimafia ebbe un ruolo chiave nella gestione degli affari illeciti della cosca. Donna Gemma era a processo per associazione mafiosa e traffico di 62 chilogrammi di hashish. Da scontare ci sarebbe una condanna a 12 anni di reclusione.

Il “processo-bis” è ripartito con la richiesta della conferma per Pasquale Gionta e lo sconto per sua sorella Teresa: figli di don Valentino e fratelli di Aldo, entrambi già in carcere. In Cassazione, infatti, gli avvocati Roberto Cuomo, Nicolas Balzano e Massimiliano Lafranco, ottennero il 6 marzo l’annullamento con rinvio delle precedenti condanne a 20 anni e 6 mesi e 10 anni. Alla sbarra, nuovamente, anche il super-pentito dei Gionta, l'ergastolano Michele Palumbo “munnezza”, (solo per la condanna relativa a un trasporto di stupefacenti), per il quale è stato chiesto lo sconto per l'articolo 8. Conferma, invece, è stata chiesta per Salvatore Ferraro, alias “'o capitano”, difeso dall’avvocato Elio D'Aquino. In appello, “’o capitano” venne condannato a 11 anni e 2 mesi.

Tra i condannati in via definitiva c'è invece don Valentino Gionta, il fondatore del clan di via Bertone, insieme a suo figlio Aldo, il “boss poeta”: entrambi a 14 anni. Il blitz “Alta Marea”, nel 2008, seppellì la cosca di camorra con 88 arresti per associazione di stampo mafioso, omicidio e traffico di stupefacenti. La retata portò inoltre al sequestro da 80 milioni di euro di 63 appartamenti, 8 terreni, 65 auto, 68 moto, 6 autocarri ed 11 società operanti nel settore delle costruzioni, dell'autotrasporto internazionale, dell'abbigliamento sportivo e del commercio all'ingrosso di prodotti ittici. 


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