Torre Annunziata. Traffico internazionale di droga, gestito dalla famiglia Tamarisco ed in primis dal suo narcos in carrozzella, Bernardo 'nardiello', che sfruttando anche i contatti con le 'ndrine calabresi inondava il Vesuviano della 'coca' proveniente dall'Ecuador, dalla Spagna e dall'Olanda. Al via a metà febbraio in tribunale a Napoli, con questa che è la principale accusa mossa dai pm della Dda partenopea, il maxi-processo che vedrà alla sbarra Bernardo e i suoi sodali. Il ras, costretto da anni su una sedia a rotelle dopo un raid punitivo, per i pm Antimafia gestiva infatti il traffico di cocaina, muovendo fiumi di droga con una semplicità impressionante.

Tamarisco, secondo la ricostruzione confluita nella corposa ordinanza di custodia cautelare del marzo 2016, dalla sua base logistica, a Torre Annunziata, era al vertice di un sistema collaudato. Sistema che poteva contare anche su fidati operatori nel porto di Salerno. Il tutto emerse da una capillare attività investigativa, portata avanti dagli uomini del GICO. I 'nardiello', con contatti con il clan Di Lauro e con le famiglie malavitose calabresi, le 'ndrine, importavano ingenti la droga anche dal sud America.

L’inchiesta dei finanzieri prese avvio nel gennaio 2014, ascoltando una telefonata da una cabina pubblica tra il napoletano Gennaro Iavarone, Claudio Scuotto, ed il broker della droga, trasferitosi in Ecuador, Salvatore Iavarone. Proprio in quella telefonata si faceva riferimento alla raccolta di danaro, utile per estinguere il pagamento di una precedente partita di stupefacenti. Da quello spunto investigativo, poi, gli inquirenti risalirono agli organigrammi operativi sul territorio di Torre Annunziata: due organizzazioni distinte, ma collegate. La prima facente capo ai Tamarisco. L'altra, invece, con al vertice il pregiudicato 33enne Francesco Matrone.

Lo stupefacente partiva dal porto di Guayaquil, in Ecuador, arrivando poi a Salerno. Snodo commerciale dove - secondo l'accusa - Matteo Rispoli e Antonio Romani, dipendenti addetti allo scarico delle merci all'interno del porto campano, recuperavano la droga tramite Enrico Russo. I Tamarisco - secondo gli esiti dell'inchiesta - facevano riferimento in Ecuador a Salvatore Iavarone, così come a Davide Scuotto, altro narcos napoletano, trasferitosi in sud America. Del secondo gruppo, individuato dal GICO ed operante a Torre Annunziata, facevano parte Francesco Matrone e Biagio Perlingieri, insieme al cittadino trevigiano Paolo Domenico Da Rold, e ai due corrieri sloveni Marina Petovsky e Viliam Brida.

Il 16 febbraio 2015 vennero sequestrati 1042 chili di hashish, nascosti in un tir condotto da due stranieri. I Tamarisco, nel corso degli anni, avevano instaurato un rapporto collaudato con una potente cosca della 'ndrina calabrese. Rapporto dimostrato dal sequestro, nel novembre dello scorso anno, di un chilo di cocaina, occultato in un bed&breakfast di Torre Annunziata. La droga - per gli inquirenti - era stata trasportata da un rappresentante della 'ndrangheta, con un'auto munita di doppio fondo: serviva da "campione".

Secondo l’accusa, i Tamarisco facevano affari anche con altri narcotrafficanti torresi. Tra questi, Alfonso Fiorente, zio del broker della 'coca' di Trecase, Pasquale, arrestato nel dicembre scorso in Cile. Proprio Alfonso Fiorente (difeso a processo dall'avvocato Gennaro De Gennaro) avrebbe contrattato con Bernardo Tamarisco (assistito dai legali Pasquale Striano e Rocco Briganti) una grossa partita di cocaina pura: circa 40 kg. I due, protagonisti dell'affare, vennero intercettati mentre ancora discutevano dei presunti affari illeciti.

 

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