Omicidio Gaetano Pinto: il pm della Dda di Napoli, Lucio Aschettino, ha invocato quattro ergastoli per altrettanti uomini di spicco del cartello criminale, costruito sull'asse Ercolano-Torre Annunziata tra i clan Birra-Iacomino e Gionta, alleati contro i rivali degli Ascione-Papale per il controllo dello spaccio di droga nel Vesuviano.

L'accusa, nel processo in corso con rito abbreviato, ha chiesto ai giudici il "fine pena mai" per Ciro uliano "ciu-ciu", uomo di punta dei Birra; per i boss di Ercolano Giacomo e Stefano Zeno (nella foto) e per Gioacchino Sperandeo, affiliato invece al clan oplontino. Proprio Sperandeo - secondo la ricostruzione degli inquirenti - fece parte del commando di fuoco, costruito assieme ai Gionta per eliminare Pinto, pregiudicato degli Ascione-Papale morto nella sua casa di Ercolano - il 19 maggio 2007 - durante la feroce stagione della faida di camorra apertasi nel Miglio d'Oro.

Sperandeo, difeso dall'avvocato Giovanni Tortora, per il pm guidò la moto che, partita da Torre Annunziata, servì a trasportare il killer: Michele Palumbo "munnezza", 46 anni, l'ultimo pentito dei Valentini. Anche Palumbo è alla sbarra per l'omicidio Pinto, ma in un diverso processo che sta celebrandosi in ordinario. Insieme al pentito, che con le sue rivelazioni ha chiarito all'antimafia i retroscena del delitto, imputati anche il boss Pasquale Gionta "'o chiatto", fratello di Aldo "il poeta ribelle", Vincenzo Lucio, Luca Langella, Simone Borrelli e Lorenzo Fioto. Tutti, tra mandanti ed esecutori materiali, destinatari di un'ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip il 16 dicembre 2015.

IL DELITTO. Qualcuno doveva fingersi acquirente di droga ed "ingannare" la vittima: occorreva un piano. Fu deciso così dai "capi" dei Gionta e del clan Birra-Iacomino per uccidere Gaetano Pinto. Il fedelissimo degli Ascione-Papale, infatti, sapeva di essere l'obiettivo numero uno del super boss Giovanni Birra. Gli davano la caccia, il boss e i suoi sodali. Lui l’aveva intuito.

Un "bacio" fu il segnale per il killer. L'uomo utilizzato per far introdurre i cecchini dei Gionta nella casa della vittima, al momento del "saluto", riuscì a tenere aperta la porta. Il commando entrò. Pinto da quel "bacio" capì subito il segnale e il suo destino. Gli mancò soltanto il tempo. Una raffica di proiettili lo uccisero in pochi istanti, sull'uscio della propria abitazione di Corso Umberto.

Nell’altra stanza della casa c’erano sua moglie e sua figlia, di soli due anni. Il massacro - secondo la versione dell'accusa - fu sancito dalla storica alleanza stipulata tra i Birra di Ercolano ed i Gionta di Torre Annunziata. L'ordine di uccidere, per il pm, arrivò infatti col benestare dei fratelli Zeno e di Pasquale "'o chiatto".

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