Sarebbe vicino alla svolta il processo in Corte d’Assise a Napoli sul duplice omicidio dei fratelli Giovanni e Roberto Scognamiglio, massacrati tra il 30 e il 31 maggio 2014 con vari colpi d’arma da fuoco nella loro villetta di via Andolfi. Svolta assicurata dalle prossime rivelazioni ai giudici di un pentito della camorra di Castellammare di Stabia, pronto a chiarire la “cornice” del delitto, maturato per l’antimafia nell'ambito dei presunti dissidi tra i fratelli ed il clan di camorra Gallo-Limelli-Vangone, attivo nell’area boschese. Alla sbarra con l’accusa di duplice omicidio, aggravato dall’articolo 7, c’è oggi Andrea Gallo, 23 anni (in foto, sullo sfondo il luogo del crimine), fratello del boss finto pazzo Peppe ed ex rampollo dei Limelli-Vangone, ora in carcere a Teramo.

IL MOVENTE. “Una discussione finita in tragedia, per questioni d’affari. Forse per una partita di droga mai pagata dai fratelli Scognamiglio al clan”: questa l’ipotesi al vaglio del pm della DDA di Napoli, Pierpaolo Filippelli. Il pentito stabiese, che testimonierà alla prossima udienza del processo dinanzi al Collegio della quarta sezione (presidente Giovanni Pentagallo), sarebbe a conoscenza di altri retroscena che nella notte tra il 30 e il 31 maggio avrebbe armato il braccio freddo di Gallo, ferito nella stessa sparatoria e scaricato poco dopo, agonizzante, all’esterno dell’ospedale di Boscotrecase da due complici.

Un nesso di temporalità tra eventi che insospettì gli agenti del commissariato di Polizia di Torre Annunziata. Anche perché le dimensioni del foro del proiettile, che ferì il presunto killer, furono dichiarate dai medici che gli salvarono la vita compatibili con l’arma rinvenuta vicino ai corpi di Giovanni e Roberto Scognamiglio, una calibro 9 Luger con ancora 10 cartucce nel caricatore.

L’UDIENZA. Due i protagonisti oggi in aula a Napoli. Il Sostituto Commissario della PS di Torre Annunziata, Vicenzo Senatore, ascoltato dai giudici sulla genesi dell’inchiesta che portò lo scorso 1 giugno al fermo di Andrea Gallo (il fratello di “Peppe o’ pazz” era ancora in coma farmacologico all’Ospedale); e il figlio minorenne di Giovanni Scognamiglio, che proprio nella notte del delitto si trovava nella stanza attigua al salotto, teatro della spietata esecuzione in casa del papà. A chiarire il movente, tuttavia, saranno solo le prossime dichiarazioni del pentito stabiese prima in affari con il clan.

 

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