TORRE ANNUNZIATA. Secondo i giudici non scappava da una sentenza che lo avrebbe condannato, a breve e in via definitiva, per camorra. No. Ciro Nappo, l’ultimo reggente del clan Gionta, avrebbe invece più volte violato gli obblighi della sorveglianza speciale soprattutto “perché litigava con la moglie”. Poi, soltanto dopo, andava via da casa e nessuno sapeva dove fosse. Neanche la sua compagna. Per questo, esclusa l’aggravante del metodo mafioso, ‘cap e’ auciell’ ha incassato 2 anni e tre mesi di reclusione.

E’ la condanna-bis inflitta un po’ a sorpresa, e nel giro di soli 17 giorni, ai danni del ras di via Bertone. Ras che in manette, dietro ad una gabbia protettiva e difeso dall’avvocato Giovanni Tortora, ha assistito oggi in tribunale alla lettura del dispositivo, ad opera del collegio della Prima Penale di Torre Annunziata (presidente Pepe, a latere Ciollaro e De Maio).

Cap’ e auciell’, dopo la sentenza, ha mandato baci ai suoi parenti in aula. Proprio come nel giorno dell’arresto, che nel maggio scorso pose fine alla sua seconda latitanza all’interno di un casolare-bunker a Trecase.

IL PM-IL PROCESSO. Accolta in toto la richiesta del pm anticamorra Fabrizio Vanorio, il magistrato impegnato principalmente nelle indagini che vertono contro il clan dei Casalesi, rapinato due giorni fa mentre era a bordo della sua Peugeot in via Salvator Rosa a Napoli. Richiesta di pena avanzata (in sostituzione del titolare del fascicolo d’inchiesta, Sergio Ferrigno) quasi in contemporanea all’arresto del suo presunto rapinatore, nipote del boss Vastarella del rione Sanità.

L’esclusione dell’aggravante camorristica per Nappo, accusato di aver violato per due volte, nel 2015, l’obbligo di firma in polizia, è giunta dopo l’escussione dell’ultimo teste dell’accusa. “Dopo la mancata firma – così ai giudici un agente della PS di Torre Annunziata – cercammo Nappo anche nella sua abitazione. Una volta, bussando al campanello, ci aprì sua moglie. Ci disse che avevano litigato e che neanche voleva sapere dove fosse”.

Alla scorsa udienza del processo, invece, l’Ispettore Capo della Polizia di Torre Annunziata, Annalisa Raffone, chiarì in tribunale: “Ciro Nappo, dal 2013, aveva l’obbligo di firma. Ma quel giorno, era una domenica, da noi non si presentò. Molto probabilmente, si era allontanato da Torre già due giorni prima (il 6 marzo, ndr). Gli agenti suonarono al campanello. Nessuno rispose. Più avanti capimmo perchè”.

Proprio il 6 marzo 2015, la Corte di Cassazione inflisse 800 anni di carcere in totale a boss e colonnelli del clan Gionta: la parola fine su “Alta Marea”, il blitz formato maxi che nel 2008 seppellì la cosca con 88 persone in manette per associazione di stampo mafioso, omicidio e traffico di stupefacenti. Ciro Nappo fu condannato ad 8 anni (da scontare ora, detenuto nel carcere di massima sicurezza di Reggio Calabria, gliene restano 4 e mezzo).  

LA CONDANNA DEL 28 SETTEMBRE. Il ras ex latitante, il 28 settembre scorso, ha già subito una condanna a 5 anni e quattro mesi di reclusione per porto e detenzione illecita d’arma da fuoco e di documenti falsi. Condanna frutto del primo processo, apertosi a Napoli dopo il suo spettacolare arresto, avvenuto il 26 maggio.

Ciro Nappo fu stanato dai carabinieri all’interno di un antico casolare di campagna, al confine tra Trecase e Torre del Greco. Bunker protetto dagli occhi elettronici di 4 telecamere di sorveglianza, di cui una a lungo raggio capace di riprendere la strada provinciale ‘Panoramica’. Nel bunker, ‘cap e’ auciell’ aveva una pistola semiautomatica Smith & Wesson (matricola abrasa), 39 proiettili calibro nove, un fucile ad aria compressa caricato a pallettoni, documenti falsi e parrucche per non farsi riconoscere. Il tutto era occultato all’interno di un marsupio appeso al muro.

A coprire la latitanza di Nappo era invece il suo vivandiere: Vincenzo Ametrano, 38 anni, ritenuto dagli investigatori vicino ai ‘Fransuà’ e finito alla sbarra assieme al ras giontiano con l’accusa di favoreggiamento aggravato. Anche per Ametrano è già arrivata una condanna a 2 anni ed otto mesi.        

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