TORRE ANNUNZIATA. “Non è più pericoloso socialmente, va liberato subito”. E’ il motivo per il quale i giudici hanno revocato a Salvatore Ferraro, 52 anni, alias ‘o capitano, ritenuto dalla Dda di Napoli tra i soldati del boss poeta Aldo Gionta, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Torre Annunziata.

Ad emettere il verdetto nei confronti di ‘o capitano, già coinvolto in “Alta Marea”, il blitz che nel 2008 decapitò il clan con 80 arresti tra boss ed affiliati,  è stato il collegio dell’ottava sezione della Corte d’Appello di Napoli (presidente Gabriella Gallucci).

LA DECISIONE. “La sua pericolosità è ormai diminuita. Lo dimostrano le assoluzioni incassate”. Questa invece e in sintesi l’istanza di revoca della misura, presentata ai giudici dai suoi avvocati, i legali Elio D’Aquino ed Anselmo D’Agostino. Salvatore Ferraro, prima dello sgombero coatto residente a Palazzo Fienga, l’ex roccaforte del clan Gionta “liberata” nel 2015 da Procura e forze dell’ordine, è stato infatti assolto in via definitiva proprio dal maxi-processo alla camorra “Alta Marea”.

Lo scorso 23 settembre, la Corte di Cassazione gli ha annullato una condanna ad 11 anni e 2 mesi di reclusione, ricevuta in secondo grado per associazione a delinquere. Stessa sorte nel processo sul pizzo “a rate”, imposto da una camorra con l’acqua alla gola ai commercianti di Torre Annunziata. A gestire il racket “con sconto”, secondo l’Antimafia, erano ‘o capitano e Vincenzo Amoruso. Ma per entrambi le accuse già caddero in primo grado, dopo pochi mesi dal via al processo.

IL PRECEDENTE. Ora, per ‘o capitano, condannato invece per estorsione aggravata nel cosiddetto processo “luminarie”, è caduto pure l’obbligo del “libretto rosso” che accompagna a spasso i pregiudicati. In precedenza, lo stesso obbligo era venuto meno anche per Gabriele Pesacane (41 anni), ex latitante preso a Siderno, in Calabria nel ‘96, e fratello di Giuseppe, a capo dell’omonimo clan di camorra attivo tra Boscoreale e Torre Annunziata.

I giudici, il 3 ottobre 2015, revocarono all’ex boss (scarcerato il 23 dicembre 2013, dopo una condanna a dieci anni per associazione mafiosa e droga) la “misura di prevenzione della sorveglianza speciale” con obbligo di soggiorno nel comune di Terzigno. Misura inflittagli per 3 anni – così come per Ferraro – e sempre dal tribunale di Napoli. In quella circostanza fu però decisivo un “regolare contratto di lavoro con mansioni di manovale di magazzino”, firmato da Pesacane dopo un lungo periodo trascorso in cella presso il carcere umbro di Spoleto.

 

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