Torre Annunziata, il boss Gionta rompe il silenzio: 'Vi dico io la verità'
In aula la difesa della sua famiglia: 'Chiedetemi come stanno le cose, ve le spiego io'
08-11-2022 | di Redazione
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Ha parlato in aula dopo anni di silenzio. Valentino Gionta ha chiesto di dire la sua durante un'udienza che si è svolta nella giornata di ieri. "Da un anno voglio parlare, ma non mi hanno interrogato. Sono in carcere da 30 anni, ma è la prima volta che sto cominciando a parlare di tante cose. Ai giudici dico di guardarsi bene le carte". Poi aggiunge: "Chiedetemi pure, che ve le spiego io le cose". Ha esordito così rivolgendosi ai magistrati. Ieri, in un'aula del tribunale di Napoli,il boss in collegamento dal carcere di Sassari Valentino Gionta ha chiesto di sottoporsi all'interrogatorio del gup Marcello De Chiara e delle pm Ivana Fulco e Valentina Sincero. Lo anticipa sul quotidiano di oggi con un'esclusiva il Mattino.
Attualmente il boss è in carcere con condanna all'ergastolo, ma il suo intervento sembra più diretto a difendere la sua famiglia che a pentirsi.
Ha provato a spiegare il significato di alcune intercettazioni, soprattutto per mettere al riparo sua moglie Gemma Donnarumma, tornata a Torre Annunziata dopo aver scontato la sua condanna. E non solo. La sua linea difensiva è diretta a togliere dai guai anche sua figlia Teresa Gionta e il marito Giuseppe Carpentieri, nonché il nipote 39enne con il suo stesso nome. I tre sono a processo con lui e accusati di essere i reggenti e di aver riorganizzato il clan Gionta tra il 2020 e il 2021, con estorsioni e traffico di droga.
Torre Annunziata. Una telecamera abbassata nel quartier generale dei Gionta
Ipotesi guasto o manomissione a via Bertone, la strada che costeggia Palazzo Fienga, l’ex roccaforte del clan
In questo contesto si inseriscono le dichiarazioni del boss accusato di avere trasformato Torre Annunziata per decenni in una trincea. «Le mie giornate qui sono sempre uguali ha detto Valentino Gionta per questo ho chiesto ai miei familiari di venire più spesso. Perché io qua dentro sto da solo, penso, mi innervosisco e voglio cambiare qualcosa. Voi però vedete in quelle parole solo cose di camorra, invece c'è anche l'affetto verso i miei familiari».
Nella versione che tenta di accreditare il boss quelle conversazioni non sono indicazioni per continuare a guidare il clan. "Queste sono tutte falsità e menzogne. Venite che vi spiego io il significato delle intercettazioni, io so benissimo quello che ho detto". Parla anche della lettera a sua moglie Gemma e soprattutto di un passaggio quando le ricordava "non ti dimenticare che tu sei mia moglie". "Era riferita a una sua richiesta di domiciliari per motivi di salute, sapevo che l'avrebbero rigettata. Era una frase per dirle di non metterci il pensiero. Lo sapete, Gemma è malata ed è anche molto emotiva". E poi ha aggiunto sulla figlia Teresa: «Non capisco perché se uno è delinquente devono esserlo pure i parenti».
Tocca anche gli aspetti più delicati di quanto avvenuto negli ultimi periodo in città mentre lui era chiuso in carcere: "L'agguato a mio genero Giuseppe Carpentieri ha precisato il boss sicuramente non mi ha fatto piacere, ma è una cosa mia e me la tengo per me. Volevate che non dovevo commentare quello che era successo? Mi sono informato, anche per capire come e dove era accaduto".
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