Torre Annunziata, maxi-processo "Biancaneve". Oreste Maresca condannato ma con sconto
Droga nei rioni del degrado: 5 anni e 4 mesi per il figlio di Luigi 'o trippone
31-01-2017 | di Redazione
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Torre Annunziata. Droga nei rioni del degrado, maxi-processo "Biancaneve": condanna-bis in Appello ma con lo sconto per Oreste Maresca, il 24enne figlio d'arte di Luigi 'o trippone, il sicario del clan Gionta accusato dalla Dda di aver ucciso zì Natalino Scarpa, rivale del clan Gallo Cavalieri nonchè padre del ras Vincenzo "caramella".
I giudici della VII sezione della Corte d'Appello di Napoli hanno inflitto 5 anni e quattro mesi di reclusione a Maresca junior. Una pena riscritta, in pratica rivista in basso, dopo l'annullamento della precedente condanna a 6 anni ed otto mesi, incassata dallo stesso Maresca - assistito dall'avvocato Ciro Ottobre - nel filone principale del processo "Biancaneve", ma cancellata dalla Cassazione lo scorso 14 novembre.
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Proprio l’appello-bis, concesso ad Oreste Maresca, fu l’unica sorpresa regalata nel novembre scorso dagli Ermellini. Confermate, infatti, tutte le altre condanne, inflitte in abbreviato dopo il blitz del 2012. Francesco Fiorillo, considerato il vero stratega dello spaccio, dovrà scontare 6 anni di reclusione. Condannate in "Biancaneve" anche le donne: Serafina Livello, Maria Guarino, Elena Piconia ed Angela Fiorente.
Secondo le indagini, condotte dai militari della guardia di finanza di Torre Annunziata (all’epoca diretti dal colonnello Carmine Virno), un gruppo di almeno 29 persone riuscivano a gestire lo spaccio di cocaina (la “neve”) in tre “piazze” di Torre Annunziata: alle case verdi (Parco Apega), in via Sambuco e in via Giardino, tra via Roma e le traverse del Corso Vittorio Emanuele III.
Tra i baby-pusher c’era anche una 14enne, ribattezzata proprio Biancaneve: base alle “case verdi”, padre in carcere e madre incinta. La ragazzina era costretta a spacciare per mantenere la famiglia ed aveva imparato bene il “mestiere”, consegnando cocaina a piedi o in scooter. I pm, a processo, avevano contestato agli imputati anche l’aggravante dell’associazione mafiosa. Aggravante caduta poi per tutti in primo grado.
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