Torre Annunziata. "Nove anni fa, entrando in casa di Carmela dopo l'omicidio di suo marito, Giuseppe Veropalumbo, ero da solo. Mi sconvolse l'indifferenza della comunità torrese. La stessa che ho notato a fine estate, quando il Comune affidò alla vedova la casa che fu del boss Aldo Agretti. La colpa di una mentalità camorristica è di tutti. Della politica e dei cittadini stessi".

E' il durissimo monito del sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita, in occasione del IX memorial "Giuseppe Veropalumbo", il carrozziere oplontino ucciso da un proiettile vagante sparato in strada da ignoti, in via Cuparella, per festeggiare Capodanno. Era la notte di San Silvestro del 2007. La manifestazione, oggi, si è svolta nella sala consiliare del Comune. Starita, al passo d'addio da sindaco nel prossimo giugno, non ha usato mezzi termini.

Così come in precedenza fatto dal parroco anti-clan, il salesiano don Antonio Carbone: "Collusione Stato-camorra? Forse oggi, a Torre Annunziata, non esiste più, anche grazie al lavoro delle forze dell'ordine. Ma dobbiamo camminare ancora tanto. A Capodanno, alle pistole preferiamo le penne. Sono simbolo di cultura, biglietti d'amore e della firma di un contratto di lavoro, la vera prospettiva assente in città". "Nove anni fa, la violenza entrò in casa mia. Ma non mi arrendo e lotto ancora", il commento in lacrime di Carmela Sermino.

La vedova Veropalumbo che il 18 novembre scorso ha ricevuto l'ultima doccia fredda dal Ministero dell'Interno. Ministero che le ha infatti rigettato la domanda, inoltrata per ottenere il riconoscimento di suo marito quale vittima innocente della criminalità organizzata. Da Roma, però, la risposta è stata gelida: "Manca ogni presupposto". A sparare quel colpo in aria, che ammazzò il suo Peppe, potrebbe essere stato chiunque. Tra un mese, le motivazioni del provvedimento. Carmela Sermino, oggi accompagnata in Comune dalla figlia Ludovica, 10 anni, farà appello.

Presenti al memorial anche i referenti locali e provinciali dell'associazione "Libera" contro le mafie, Michele Del Gaudio e Antonio D'Amore. Quest'ultimo ha annunciato l'avvio di una ricerca statistica, in collaborazione con le Università Suor Orsola Benincasa e Federico II di Napoli, che dimostri come "il processo di deindustrializzazione, che ha coinvolto l'area torrese-stabiese, ha aumentato disoccupazione e criminalità". Ricerca che, dati alla mano, "vuole dunque sfatare il tabù che la mafia porti lavoro".

Al tavolo, seduto accanto alla Sermino, anche Gino Monteleone (comitato "Un popolo in cammino). "A volte anche la Procura della Repubblica lascia basiti - la sua stoccata invece ai magistrati - . Io sono sotto processo per associazione a delinquere insieme ad altri 35 attivisti disoccupati. Nel mio quartiere, nel frattempo, c'è chi gioca a fare il padrone, camminando con una pistola in tasca".

    

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Torre Annunziata ricorda Giuseppe Veropalumbo