Torre Annunziata. "Non so, non ricordo bene. Signor giudice sto male, non posso raccontare altro". Un improvviso giramento di testa stordisce il pentito di camorra e stop all'udienza. E' andata proprio così in tribunale a Napoli. Aniello Nasto "quarto piano", il collaboratore di giustizia punito dal clan Gionta ammazzandogli due fratelli, collegato da un sito protetto ha chiesto ai giudici della Corte d'Assise di rinviare il proprio controesame. Rinvio accordato, per motivi di salute.

Nasto, condannato ad 8 anni con l'altro pentito del clan, Vincenzo Saurro "sciabolone", per aver partecipato alle fasi preparatorie dell'omicidio di "zì Natalino", rivale dei Gallo Cavalieri ed al secolo Natale Scarpa, alla precedente udienza del processo (leggi qui) al contrario era stato molto preciso: "Luigi Maresca e Vincenzo Amoruso ammazzarono zì Natalino. Ma io non li vidi salire sulla moto (una Kawasaki), partita da Palazzo Fienga verso lo stadio Giraud. A via Bertone, sentii soltanto il rumore dell'acceleratore". Proprio le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno inguaiato Luigi Maresca, alias 'o trippone, il presunto killer ora alla sbarra di Natale Scarpa, trucidato il 14 agosto 2006 nel raid avvenuto in piazzale Gargiulo, all'esterno del glorioso stadio del Savoia di Torre Annunziata.

Ma ieri Nasto, incalzato dalle domande dei difensori di Maresca, gli avvocati Giovanni Tortora e Michele Riggi, si sarebbe più volte contraddetto, chiedendo infine ai giudici di essere riascoltato a metà dicembre. In quella circostanza, in aula, deporrà anche l'ultimo pentito del clan Gionta, Michele Palumbo "munnezza". Il killer freddo ed implacabile, che insieme a Michele Martusicello, ex esponente della camorra dei Quartieri Spagnoli, indicò agli investigatori i presunti mandanti del raid: Aldo e Pasquale Gionta, i boss fratelli entrambi andati assolti da ogni accusa.

Così come Giovanni Iapicca "rangitiello", tirato ieri nuovamente in ballo per l'agguato da Vincenzo Raimo, 'o castellone di Ercolano, ex compagno di cella del boss Aldo Gionta. Ascoltato anch'egli dai giudici, Raimo ha riferito di aver appreso soltanto da altri, in carcere, i nomi dei due esecutori materiali del massacro. Chiaro, al contrario di quello di Nasto, il ricordo di 'o castellone: "Appresi in cella che a sparare furono Iapicca 'rangitiello' e Francuccio Amoruso", figlio, quest'ultimo, del killer defunto dei Gionta Vincenzo 'a vicchiarella. Iapicca, invece, era già stato colpito per la stessa vicenda da una prima ordinanza per omicidio volontario, poi annullata dal Riesame.

Il movente che armò il killer a sparare contro "zì Natalino" 14 colpi calibro 9x21 lugher fu la vendetta. Il "colonnello" del clan Gallo-Cavalieri, nel febbraio 2006, schiaffeggiò in pubblico Valentino Gionta junior, figlio del boss poeta Aldo ed all'epoca minorenne. Pochi mesi dopo, secondo i pm dell'antimafia partenopea, quell'offesa gli costò la vita. Il delitto venne consumato all'esterno dello stadio del Savoia, sotto gli occhi di decine di testimoni.

In foto, la scena del delitto. Nel riquadro Aldo Gionta, il "boss poeta"   


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