“Le dichiarazioni di Maria Adriana Cerrato non possono essere utilizzate. Non si possono condannare delle persone all’ergastolo sulla base di affermazioni che hanno posto sulla scena del delitto un perfetto estraneo ai fatti. Inoltre, Giorgio Scaramella era lontano da Maurizio quando è stata data la coltellata fatale. Lo hanno dimostrato le immagini”. 
Sono i passaggi salienti della difesa di Antonio De Martino, avvocato di Giorgio Scaramella, imputato assieme al fratello Domenico, ad Antonio e Francesco Cirillo, ritenuto responsabile della morte dell’ex custode degli scavi di Pompei. Maurizio Cerrato fu ucciso con una coltellata al cuore il 19 aprile 2021 in un’autorimessa di via IV novembre a Torre Annunziata, dopo essere intervenuto in difesa della figlia Maria Adriana, alla quale avevano squarciato una ruota.

Una ritorsione avvenuta per lo spostamento di una sedia posta su strada per occupare un posto auto. 
“Maria Adriana era giustamente piena di livore e rancore – ha sottolineato l’avvocato De Martino in aula -. Le avevano appena ucciso un padre. Ma Giorgio Scaramella è stato aggredito pesantemente proprio da Cerrato”. Nella prima colluttazione, infatti, a Scaramella si ruppero gli occhiali, oltre a perdere le protesi dentarie e oculari. 
Ma c’è dell’altro. “Quando Giorgio Scaramella ha videochiamato il fratello Domenico – ha continuato De Martino – non poteva prevedere che dietro quella telefonata potesse nascondersi un soggetto, armato di coltello, che poteva causare la morte di Cerrato. Quando la vittima è stata accoltellata, Giorgio Scaramella era distante, non poteva immobilizzarlo così com’è stato detto. Giorgio ha avuto paura di un nuovo incubo, come quello capitatogli qualche mese prima e per questo era spaventato”. Poche settimane prima della tragedia, infatti, Scaramella fu vittima di un agguato a colpi di pistola nei pressi del cimitero comunale. 
Assieme alle dichiarazioni ritenute inutilizzabili, altre ombre ci sono su quelle fornite da Marco Salvi, il datore di lavoro di Adriana, presente sulla scena quel pomeriggio, piene di “non ricordo” che secondo l’avvocato non accertano “oltre ogni ragionevole dubbio” volontarietà della tragedia. 
“Adriana non aveva una visione chiara della scena – ha concluso l’avvocato, al termine di una discussione durata due ore – tant’è vero che ha confuso una persona di 70 anni (Francesco Cirillo, ndr) con un ragazzo di 20 anni (Antonio Venditto, ndr). Ne ricordava perfino i vestiti, quando invece abbiamo saputo tutti che l’unica colpa di Venditto è stata quella di aver ospitato Giorgio Scaramella a casa sua poco dopo il fatto”. 
Per questi motivi è stata chiesta l’assoluzione dall’omicidio volontario per Giorgio Scaramella, che in videoconferenza dal carcere in cui si trova, ascolterà la sentenza prevista per il prossimo 5 aprile.

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