La mancanza di controlli in strada non può ricadere sulle scuole e sui bambini. A pagare l’inefficienza amministrativa non devono essere loro. Ecco perché la sentenza del Tar è una vittoria di tutti”.

Lo ha detto la consigliera comunale Germaine Popolo, commentando così la pronuncia del tribunale amministrativo regionale che riapre le porte della scuola agli studenti. Il Sindaco Ascione aveva dato uno stop alla didattica in presenza a causa dell'aumento dei contagi in città, fino a 31 gennaio. Ma nulla da fare, il Tar ha deciso a favore della didattica in presenza, accogliendo il ricorso di una cinquantina di genitori, difesi dagli avvocati Ippolito Matrone e Massimo Venditto.

“Oggi ha vinto la dignità dei nostri figli – ha spiegato Germaine Popolo - mortificati da una gestione politico/amministrativa inadeguata ed assolutamente carente della pandemia, in mancanza di controlli minimi delle strade e dei pubblici esercizi tali da evitare assembramenti e per tale motivo di ostacolo al rientro a scuole con livelli minimi di sicurezza. E’ semplice assumere atteggiamenti pilateschi di chiusura indiscriminata di tutte le scuole, facendo ricadere sui bambini la mancanza di misure di supporto adeguate a prevenire il contagio, per consentire la frequenza scolastica in presenza”.

Lunedì scorso era stato promosso un confronto tra genitori e sindaco chiedendo a quest’ultimo di fare un passo indietro sulla chiusura generalizzata, limitando viceversa eventuali misure restrittive a specifici casi di accertata positività da parte dell’Asl. Il Sindaco però non ha mostrato segnali di apertura. Di qui la scelta convinta di una parte della città e di un nutrito gruppo di genitori che si è visto costretto a rivolgere le proprie istanze alla magistratura.

“E’ stata rimarcata la carenza gestionale dell’Ente comunale – ha continuato Germaine Popolo -, laddove peraltro non indica quali misure abbia inteso ed intenda mettere in campo per limitare il contagio. Confido nell’infinità capacità di riscatto dei bambini e delle giovani generazioni, che costituiscono l’unica speranza che abbiamo l’obbligo di non uccidere”.

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