“Non contestiamo il possibile sgombero, ma le modalità con cui si sta mettendo in atto. Abbiamo bisogno di tempo, non si possono buttare quasi 100 persone in mezzo a una strada”. L’appello è di Olimpia Barba, referente del settore scuola “Ubuntu” dopo le diffide ricevute dagli abitanti del campo rom dell’ex scuola Morrone a Torre Annunziata.

Dopo il blitz dei carabinieri della settimana scorsa, all’area sono stati tolti gli allacci abusivi alla rete elettrica in attesa che si proceda con le operazioni di sgombero. Un’ipotesi che gli abitanti della zona vogliono scongiurare.

IL SIT-IN. Circa una ventina di persone si sono radunate spontaneamente dinanzi all’ingresso del campo. Tra queste, i volontari dell’associazione “Ubuntu”, da sempre impegnati in opere di alfabetizzazione, specie con i bimbi che abitano nel campo rom. “Non si sta tenendo conto del diritto allo studio di questi bambini – ha spiegato Olimpia Barba -. Sembra una cosa di poco conto, ma è una delle poche possibilità di riscatto che questi ragazzi possono avere. Questo intervento, così brusco e tempestivo, ci sembra assurdo. Le famiglie hanno bisogno di tempo per trovare un’altra sistemazione adeguata”.

LO SGOMBERO DI LARGO MACELLO. Venerdì 28 ottobre 2016 l’allora sindaco Giosuè Starita firmò l’ordinanza di sgombero di Largo Macello. A dettare l’atto, un sopralluogo dell’Asl che dichiarò per quei luoghi carenti condizioni igieniche e sanitarie, oltre al problema degli scarichi illeciti e all’accumulo di rifiuti. Alla base, però, c’erano anche la necessità di terminare il lotto di lavori di risanamento del porto e quelli relativi alla bretella. “Quelle famiglie furono abbandonate a se stesse, senza un percorso di accompagnamento e di reinserimento nella società – ha continuato Loredana Trisante, dell’associazione Ubuntu -. Molte di quelle famiglie, con bambini al seguito, ora sono alla Morrone e rischiano di rivivere quest’incubo. Hanno bisogno dell’aiuto dell’amministrazione”.

LA SVOLTA DI SANYA. Da Largo Macello, però, nacque un “miracolo”. Quello di Sanya, una donna di etnia rom neppure 40enne che si trovò costretta, senza marito e con 5 figli al seguito (di cui una appena nata), a lasciare tutto ciò che possedeva. Anche grazie all’aiuto di Ubuntu, la donna si è ricostruita una vita in Germania, presso alcuni parenti: “Vorremmo che la possibilità che ha avuto Sanya – ha concluso Loredana Trisante – fosse data anche a queste persone, che hanno bisogno di un minimo di stabilità per permettere ai loro figli di terminare un percorso d’istruzione”.


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