Uno sguardo di sfida ha provocato il raid armato al lido Azzurro a Torre Annunziata. Resta in cella Salvatore d'Acunzo, il diciannovenne accusato di essere entrato nel lido Azzurro sparando tra la folla. A confermare la tesi, anticipata dal nostro giornale diversi giorni fa, è la Procura che oggi, con una nota ufficiale, spiega la vicenda.

Gli agenti del Commissariato di Polizia di Stato di Torre Annunziata e la Squadra Mobile di Napoli, insieme ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno eseguito, il 26 luglio, un decreto di fermo emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nei confronti di una persona gravemente indiziata dei reati di tentato omicidio, strage nonché detenzione e porto di armi da sparo, delitti aggravati dal metodo mafioso.

Successivamente il GIP del Tribunale di Torre Annunziata, in data 29 luglio 2024, non ha convalidato il fermo per l'assenza di un attuale e concreto pericolo di fuga, ma ha emesso un'ordinanza di custodia in carcere a carico dell’indagato per tutti i reati contestati, escludendo la circostanza dell’aggravante del metodo mafioso per il solo delitto di strage. In particolare, l’indagato, in data 19 luglio 2024, in pieno giorno, dopo aver fatto ingresso all’interno dello stabilimento balneare “Lido Azzurro” - così recita la nota della Procura - con un complice non ancora identificato, armati di una pistola e di un fucile, avrebbe aperto il fuoco nei confronti di una persona che si trovava nel mezzo di una folla di bagnanti, mettendo in pericolo la pubblica incolumità, mentre la vittima designata riusciva a scappare e a mettersi in salvo.
L’azione sarebbe stata preordinata ed organizzata per punire la vittima a causa di uno sguardo di sfida che avrebbe rivolto all’aggressore. Le ragioni presumibilmente sottese all’agguato ed uno degli autori dello stesso venivano individuati grazie a diverse attività tecniche già in essere da parte dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata ed ai successivi accertamenti svolti, nell’immediatezza dei fatti, dalla Polizia di Stato.

Le modalità dell’azione sopra descritte venivano ritenute tipicamente mafiose in considerazione non solo della complessiva ricostruzione della condotta ma anche del presumibile movente della stessa.

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