Torre Annunziata-Trecase, droga e falso. In appello due assolti e tre “sconti” di pena
Scagionato in toto è solo l’ex bomber di Scafatese e Atletico Savoia Bartolomeo Guadagno
16-06-2016 | di Salvatore Piro

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TORRE ANNUNZIATA/TRECASE. Traffico di stupefacenti e falso: in appello due assoluzioni e tre “sconti” di pena per la rete di 7 pusher attiva all’ombra del Vesuvio e smascherata nel 2012 dai carabinieri di Torre Annunziata. Un maxi-sequestro di circa 100 chili di marijuana - nascosti in una botola in giardino all’esterno di un’abitazione di via Menotti a Trecase - rappresentò per gli inquirenti la pista da seguire. Venticinque gli anni di carcere distribuiti in primo grado e a vario titolo dal giudice, nei confronti di “una vera e propria organizzazione a carattere familiare dedita allo spaccio”.
In appello assoluzione piena solo per l’ex bomber della Scafatese e dell’Atletico Savoia Bartolomeo Guadagno – difeso dall’avvocato Ferdinando Striano – che in primo grado era stato condannato a 3 anni e mezzo così come Nunziato e Mario Izzo. Per questi ultimi invece – assistiti dal legale Giuseppe De Luca – dinanzi ai giudici di Napoli a cadere è l’aggravante dell’ingente quantitativo: “sconto” di un anno e due mesi. Assolto dall’accusa di droga anche Pasquale Coppola, difeso dall’avvocato Antonio De Martino.
Coppola è il nipote del boss torrese Francesco Gallo (alias Francuccio 'o Pisiello) e per i giudici d’appello è colpevole solo di concorso in falso. Avrebbe infatti sposato sua moglie, Corrada Agnello - condannata nel 2015 a due anni di pena sospesa – lontano da Palazzo Criscuolo, sede del Comune di Torre Annunziata. Il rito civile si sarebbe celebrato in un noto ristorante al confine con Torre del Greco. Per Coppola è dunque arrivata una parziale diminuzione della pena: da 5 anni e mezzo a 2 anni. Stessa sorte anche per Carlo Salerno.
A celebrare le nozze del nipote del boss - secondo l’accusa fuori dal Comune - sarebbe stato l’allora consigliere di maggioranza Raffaele De Stefano, eletto alle ultime Amministrative con la civica “Torre del Valore”. Il politico fu coinvolto nell’inchiesta solo a margine delle intercettazioni sullo spaccio per “aver redatto come pubblico ufficiale – così il pm nella richiesta di rinvio a giudizio - un atto di matrimonio ideologicamente falso”, dichiarandone la celebrazione a Palazzo Criscuolo, in una sala aperta al pubblico, e non presso il noto ristorante al confine. Per De Stefano, che difeso dall’avvocato Massimo Lafranco ha scelto il rito ordinario, il processo di primo grado ripartirà dopo l’estate.
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