Torre Annunziata. “La città? Peggiore rispetto a quando andai via. Il dramma ora non è solo la droga, ma soprattutto l’assenza di lavoro e la piaga del gioco d’azzardo contro la fame. Qui da me vengono mamme e papà disperati e pieni di debiti. Risalire è dura, servono imprenditori che scommettano sul territorio. Ma a Torre Annunziata lo fai solo se sei un pazzo. Oppure hai le spalle ben coperte”.

Lui è il classico sacerdote anti-clan. Uno di quei preti che non ha peli sulla lingua, paura di denunciare, gridare forte, guardare in faccia i camorristi. Sfidarli. Perché li ha conosciuti, da vicino. Ha 48 anni, è del rione “Provolera”, dove da sempre a comandare sono i Chierchia-Fransuà. Lui è don Antonio Carbone, direttore dal 2012 dell’Oratorio Salesiano in via Margherita di Savoia. Don Antonio non ha paura, solo un sogno: dare un “calcio” alla camorra.

L’ESTATE COI MINORI A RISCHIO. Fuori fa caldissimo, il termometro tocca i 33 gradi. Ma don Antonio è chino su un mucchio di carte. Studia i suoi progetti. Per l’oratorio, aperto ancora fino al 15 di agosto, e che ogni giorno dalle ore 17 alle 22 accoglie quasi 200 ragazzi a rischio provenienti dai rioni-ghetto a sud di Torre Annunziata. Hanno tutti dai 6 ai 20 anni i “suoi” ragazzi. Storie difficili alle spalle, spesso fatte di famiglie assenti, coi genitori in galera già da un pezzo.

“Bisogna salvarli” dice il prete, “non solo con la repressione e gli arresti”. Don Antonio ci accoglie in maniche di camicia, aprendoci le porte dell’oratorio. Ci mostra il proprio sogno. Un campo di calcetto a sette. Mancano le due porte e le reti per gridare al meglio “gol”. Ma è quasi pronto. Così il prete potrà sfidare la camorra. Darle finalmente un “calcio”.

“Perché combatto? A 18 anni, dopo l’Istituto Tecnico, dovevo scegliere da che parte stare – confessa il sacerdote - . Avrei potuto scaricare le sigarette di contrabbando al Porto, assieme ai miei ex compagni di scuola. Ma ho deciso di fare il disadattato a Torre Annunziata”.

I PROGETTI. “Dobbiamo sempre sperare”. Se lo ripete come un “mantra” il prete anti-clan. Ed allora, terminato il 16 luglio scorso “Estate ragazzi”, progetto di prevenzione ad ampio raggio con 500 adolescenti torresi e di Boscoreale, impegnati la mattina all’aquapark e al pomeriggio in dibattiti su “amicizia, accoglienza e cultura dell’inclusione”, altri 30 ragazzi a rischio, tra i 6 e i 20 anni, andranno al mare gratis a Formia. Nel basso Lazio, fino al prossimo 2 agosto.

Staranno tutti assieme in spiaggia i ragazzi a rischio. Così come gli altri 40 minori che don Sam invece, il responsabile kosovaro dell’Oratorio di Torre Annunziata, ha già portato al “campo-scuola” di Soverato con alcuni volontari. Più grandi, più agiati.

Lo scopo? “Far parlare il figlio del carabiniere col figlio del detenuto. Questa è prevenzione e a volte riesce”, dice ancora fiero don Antonio. Che infatti ci spiega come 4 minorenni – orfani o in messa alla prova per evitare il carcere, ospiti della “Casa Famiglia Matilde Sorrentino” – ora abbiano persino trovato un posto di lavoro. Sono Ciro, Salvatore, Mohammed e Olid. Due torresi, un egiziano e un 16enne del Bangladesh. Faranno i pizzaioli o i camerieri per tutta l’estate.

SOS “SLOT-MACHINES”. Chiaro il segnale di sos lanciato dal sacerdote anti-camorra. Senza occupazione, né sviluppo, non si va lontano. Bene gli arresti, i clan decapitati, “l’instancabile lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine. Ma ho paura – continua don Antonio – che tutto rappresenti una piccola fiammella pronta a spegnersi”. Secondo il sacerdote, nella “desolata zona sud” torrese, la mancanza di lavoro si combatte sempre più con la crescita del gioco d’azzardo all’interno di famiglie disperate.

“Ho apprezzato – conclude – la scelta dei ragazzi che gestiscono il famoso ‘Caffè della Palma’ in via Veneto. Stanno creando il primo bar che sia anche luogo di sana aggregazione nella metà dimenticata di Torre Annunziata. Nel bar, infatti, non ci saranno slot-machines o tavoli da gioco”. 

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