“Conobbi Franco Immobile nel 2012. Avevo deciso di aprire un’osteria-pescheria al centro di Milano, ma i lavori costavano 300mila euro. Non li avevo, mia suocera mi aveva bloccato il conto co-intestato con mia moglie. Chi mi fece il preventivo, il signor Massimo, mi portò a Torre Annunziata. Chiesi a Immobile un prestito di 150mila euro. Ora il mio condominio mi ha messo all’asta due case”.

E’ schietto e dall’accento marcatamente lombardo Valerio d.a., un ex facoltoso imprenditore di Milano, ascoltato per un’ora dal pm della Procura della Repubblica Sergio Raimondi, che in aula prova a dimostrare ai giudici della Prima Penale (presidente di collegio Todisco) il presunto giro di usura messo in piedi con tassi mensili del 10% dall’ex presidente oplontino del Savoia Francesco Immobile, 71 anni e ai domiciliari per motivi di salute.

L’imprenditore milanese, oggi parte civile al processo in corso al Tribunale di Torre Annunziata, dopo il viaggio al sud avrebbe ottenuto da “o’ presidente” 100mila euro subito e altri 50mila in corso d’opera. Per poi restituire a Francesco Immobile “250mila euro circa in due tranche”. La prima, come già dichiarato dalla presunta vittima il 12 settembre 2014, interrogato all’Intendenza di finanza per circa 12 ore, da 161mila euro nel 2013. La seconda da 94mila, versata invece l’anno successivo.

E’ tutto scritto in un’agenda blu, fitta di appunti minuziosi, date, luoghi e incontri, che il pm mostra in aula ai giudici: “5 marzo 2014, Firenze – 1 aprile 2014, Roma, 4mila euro a Franco”. Erano i “report” di giornata da non scordare, per saldare il conto in giro per l’Italia con “o’ presidente”, che “comunque non mi hai minacciato, il nostro era un rapporto cordiale – continua l’imprenditore - . Una volta Immobile venne a mangiare al mio ristorante, venne da solo. Non mi ha mai fatto venire ‘gente sotto’. All’inizio credevo di poter pagare. Poi la crisi mi ha messo in difficoltà”.

Una crisi che taglia la gambe a tutti e d’improvviso, tanto da costringere l’ex oste facoltoso a provare a dismettere un ricchissimo patrimonio immobiliare: “Cercai di ripagare i debiti vendendomi un terzo dell’albergo da 500mila euro sul lago di Garda. L’albergo era intestato a mia moglie, firmammo pure il compromesso, ma l’hotel fu messo sotto sequestro cautelativo da mia suocera e l’affare saltò”.

Ora Valerio d.a., ex oste facoltoso di Milano, stretto nella morsa dei “pagherò” quasi non ha più un soldo. Di notte ormai non chiude occhio: “Stress e ansia, per tanto tempo, mi hanno rubato il sonno – ammette - . Non sapevo dove prendere quei soldi”. E’ anche per questo che il suo avvocato, Nicola Sacco, ha chiesto ai giudici di poter depositare una consulenza di parte che dimostri i presunti danni psicologici subiti dall’imprenditore milanese.

Imprenditore che a fine esame si contraddice su un documento forse decisivo per le sorti del processo. Una scrittura privata esibita dall’avvocato di Immobile, Elio D’Aquino, a firma della parte civile e per la vendita di un appartamento al centro di Milano dal valore di circa 180mila euro: “Non ricordo di aver mai firmato questo foglio e non conosco la persona che con me lo avrebbe sottoscritto”. Un colpo di scena ultimo che terrà banco pure alla prossima udienza del processo. A essere ascoltato dai giudici sarà proprio l’imputato: Francesco Immobile, 71 anni, da Torre Annunziata. “O’ presidente”.

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