Torre del Greco, attentato in zona Porto. Il poliziotto ai giudici: “Fu faida aperta dal clan Papale”
Il bersaglio era ‘Bora-Bora’. Alla sbarra l’ex killer Michele Barone, assoldato dalla camorra di Ercolano
08-06-2016 | di Salvatore Piro
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Torre del Greco. “L’attentato contro Gerardo Caruso si inseriva nella faida aperta dal clan Papale di Ercolano contro la fazione torrese guidata dai Magliulo”. Questa la versione fornita ai giudici da chi condusse le indagini sulla bomba carta esplosa il 1 gennaio 2012 in via San Giuseppe alle Paludi.
L’attentato – secondo l’accusa – era un avvertimento firmato dal clan Ascione-Papale contro il pregiudicato noto come ‘Bora-Bora’, poi pentitosi l’anno dopo. ‘Bora-Bora’ – secondo il pm della Dda di Napoli, Maria Di Mauro - non aveva onorato un debito per una partita di droga acquistata dalla camorra di Ercolano.
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Camorra che quindi incaricò il killer Michele Barone, già condannato da minorenne a 16 anni di reclusione per l’omicidio di Giorgio Battipaglia, massacrato nel 2007 davanti alla chiesa di Pugliano, di far saltare in aria la porta dell’abitazione di Caruso.
Dopo la condanna per quell’agguato (realizzato in sella ad uno scooter con l’allora sicario Ciro Gaudino, ndr) il giovane killer degli Ascione-Papale è ritornato alla sbarra. Barone è stavolta accusato di danneggiamento e di esplosione di materiale esplodente. Reati aggravati dal metodo mafioso.
Secondo gli inquirenti, la bomba carta di via San Giuseppe alle Paludi rappresentava un chiaro ‘segnale’. Segnale che la camorra di Ercolano decise di lanciare non col piombo. Ma con un ordigno.
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