Leopardi, 4 giugno 2012, ore 9 del mattino: “Ho la lavatrice guasta. Tu che sei donna le dai un occhio? Se non ci si aiuta tra vicini…”. Per il pm della Procura di Torre Annunziata, Francesco De Tommasi, una casa al terzo piano di via Nazionale, quel giorno e in un attimo, da un’innocua richiesta tra dirimpettai si trasformò in orrido teatro di abusi sessuali.

Vittima una 50enne di Torre del Greco, che 24 ore dopo l'episodio, come ricostruito oggi a processo dall’Ispettore della polizia di stato di Torre Annunziata, Domenico Casale, si presentò in commissariato per denunciare il suo presunto aguzzino: G.I., ora alla sbarra dinanzi ai giudici della seconda sezione penale del tribunale oplontino (presidente di collegio Antonio Pepe).

“La signora aveva un ematoma, un leggero segno sul braccio destro - racconta il poliziotto - . La Scientifica rilevò sul piumone del letto tracce compatibili con il reggiseno e i suoi indumenti intimi. Le indagini continuarono, piazzando microspie e con intercettazioni telefoniche. Poco dopo la presunta violenza, ai tabulati risulta che la vittima chiamò il vicino al suo negozio. Fu la commessa a passargli la cornetta. In 20 mesi, i due si sentirono solo 3 volte”. Una ‘strana’ telefonata, partita proprio poco dopo il presunto abuso subito, che oggi ‘insospettisce’ gli inquirenti.

A salvaguardare la bontà del racconto è però la minuziosa descrizione “dello stato di ansia e di insonnia della signora – dichiara in aula la dottoressa Landi, psicoterapeuta al distretto 57 dell’ASL Napoli 3 Sud - . Mi chiese 4 incontri a luglio per una consulenza psicologica al consultorio. Ci vedemmo e mi raccontò della presunta violenza con grossa difficoltà. Piangeva di continuo, si agitava e si incolpava, perché non aveva sospettato del vicino. Aveva ricordi spezzati, interrotti da flashback e da 2 sole immagini: la lavatrice e un letto dove fu spinta, nonostante a suo dire non volesse. Notai in lei un rifiuto sociale e la paura di restare sola in casa. Le consigliai una profilassi per l’AIDS e una seduta psichiatrica. Poi – conclude in aula la terapeuta – non l’ho più vista”.

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