TORRE DEL GRECO. “Non ho mai provato ad uccidere mio figlio. Io voglio bene a tutti e quattro”. Così oggi, in una dichiarazione spontanea ai giudici, Umberto Scassillo, il 71enne ex saldatore che poco più di quindici mesi fa massacrò col manico di un piccone da giardino la sua consorte, Ida Fontana.

Il delitto giunse al termine di una violenta lite, consumatasi tra i due all’interno della loro villetta in via Nazionale. Scassillo, reo confesso, è alla sbarra in Corte d’Assise con l’accusa di omicidio premeditato. L’uomo, difeso dagli avvocati Michele Riggi e Ivanmarcello Severino, dopo il carcere finì ai domiciliari.

MISURA AGGRAVATA. Ma l’uxoricida, il 21 agosto scorso, sarebbe stato pronto ad ammazzare. Di nuovo. Stavolta, vittime designate del suo ‘piano’ – stando alla ricostruzione degli investigatori - uno dei suoi quattro figli e la moglie di quest’ultimo. Secondo le indagini condotte dai carabinieri di Torre del Greco, Scassillo, forse ossessionato dall’idea di dover lasciare i suoi beni in eredità a un figlio che lo “trascurava”, ha iniziato a pianificare il proposito di vendetta.

Approfittando della condizione privilegiata degli arresti domiciliari, il 71enne avrebbe così preso contatti con piccoli esponenti della criminalità organizzata. Lo scopo del contatto sarebbe stato l’acquisto di un’arma da fuoco, utile a compiere il duplice delitto. Il sospetto è costato a Scassillo un pronto rientro in cella a Poggioreale.

L’UDIENZA. Per difendersi, Scassillo oggi in aula non ha usato mezzi termini. Il 71enne ha riferito di amare incondizionatamente “tutti e quattro” i propri figli. “Non avrei mai potuto uccidere uno di loro”, ha concluso l’uxoricida. La difesa di Scassillo ha pre-annunciato ai giudici la presentazione di un’istanza di revoca della misura della custodia in carcere. Gli avvocati sperano di riportare l’assassino ai domiciliari.

IL RACCONTO. “Ho afferrato il piccone e l’ho colpita” raccontò in caserma Umberto Scassillo il 20 aprile 2015 alle ore 12, poco dopo aver ucciso la moglie. La sua fu una confessione nitida, fatta ai carabinieri in via Dei Mille indossando pantaloni ancora macchiati di sangue. Il 71enne nascondeva il piccone in camera da letto. Lo usava per coltivare l’orto.

“Nove forti colpi, inferti dall’alto in basso con il manico di legno. Politrauma alla testa e al cervello da multiple lesioni” fu l’esito dell’autopsia svolta dal medico legale sul corpo della vittima. Sarà proprio il medico ad essere ascoltato come teste nel corso della prossima udienza del processo sul barbaro omicidio.     

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