Inizia il processo per Adalgisa Gamba, la mamma assassina che soffocò e uccise il figlio di soli due anni e mezzo lo scorso 2 gennaio su una spiaggia di Torre del Greco.

Ieri l’imputata ha scelto di non presenziare all’udienza preliminare, attendendo la decisione del Gup del tribunale di Torre Annunziata, Antonello Anzalone, dal penitenziario femminile di Pozzuoli.

In aula solo il papà del piccolo Francesco, costituitosi parte civile insieme alla nonna paterna e allo zio, con gli avvocati Luigi Ulacco e Pasquale Morra. La prima udienza del processo è fissata a inizio febbraio nella I sezione della Corte d'Assise di Napoli.

Nel corso dell’udienza preliminare, il Pm Andreana Ambrosino ha ricostruito l’intera dinamica dell’omicidio. Dalla ricostruzione è emerso che la donna fosse perfettamente capace di intendere e di volere durante l’assassinio. Lo scorso ottobre sono stati consegnati gli ultimi risultati delle perizie eseguite dalla Procura di Torre Annunziata. Determinate l’autopsia sulla salma del piccolo Francesco, che ha rivelato come la reale causa del decesso non fosse l'annegamento, ma bensì il soffocamento.

Nelle perizie effettuate sul cellulare di Adalgisa Gamba, sono cristallizzate le paranoie e le ossessioni della 41enne. Era convinta che suo figlio fosse affetto da un disturbo dello spettro autistico. Dalle 4 del mattino e fino alle 16:30, dunque pochi minuti prima del terribile delitto, la donna ha più volte cercato su Google parole chiave come ‘uccidere un bambino’ aggiungendo parole quali candeggina, coltello, colpi di pistola, fino ad arrivare poi allo strangolamento.

Dopo quattro ore di paranoie e ossessioni, Adalgisa avrebbe poi deciso di soffocare il figlio con un indumento, per buttarsi in mare insieme al piccolo ormai privo di vita, arrivando fino alla scogliera di via Calastro, all'altezza del lido La Scala, a 30 metri dalla riva.

Per l'accusa non ci sono dubbi sulla capacità di intendere e di volere della donna al momento dell'omicidio. Lo dimostrano i vari tentativi di simulare prima un tentativo di stupro, poi un incidente, per poi ritrattare più volte. Poi in estate, la confessione nel corso del colloquio in carcere con una persona di famiglia. 

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