TORRE DEL GRECO. Massacrò senza pietà sua moglie - Ida Fontana (71) – con nove colpi di piccone inferti alla testa e con violenza: chiesta ai giudici una perizia psichiatrica su Umberto Scassillo, 70 anni, l’ex saldatore reo-confesso dell’omicidio avvenuto nella villetta di via Nazionale 940, al confine con Torre Annunziata. E’ il colpo di scena regalato dall’ultima udienza del giudizio, che vede Scassillo imputato di omicidio premeditato. Il processo sta celebrandosi con rito ordinario dinanzi alla Corte d’Assise di Napoli. L’imputato – ora ai domiciliari – ha infatti rifiutato l’abbreviato e lo “sconto” della pena.

L’OMICIDIO. E’ il 20 aprile del 2015, ore 11. Umberto Scassillo confessa la spietata esecuzione quasi subito, consegnandosi poco dopo l’omicidio ai carabinieri di Torre Annunziata. Quel giorno – la chiara ricostruzione degli inquirenti – Scassillo prende un caffè al bar. Poi torna a casa. Ma nella villetta di via Nazionale, in cui vive con sua moglie, il clima torna a farsi pesante: il rapporto tra l’ex saldatore e Ida Fontana è logoro. Scassillo ha dubbi sulla fedeltà della compagna. Sua moglie, ormai stufa, quel 20 aprile avrebbe fatto i bagagli. Per sempre. E’ un vero affronto, non retto dall’orgoglio dell’uomo. E allora il 70enne prende un piccone.

IL RACCONTO. “L’ho uccisa io. Ho afferrato il piccone e l’ho colpita” racconta in caserma Umberto Scassillo. La sua è una confessione nitida, fatta ai carabinieri in via Dei Mille coi pantaloni ancora macchiati di sangue e una camicia a quadri. Il 70enne nascondeva il piccone in camera da letto. Lo usava per coltivare l’orto. “Nove forti colpi, inferti dall’alto in basso con il manico di legno. Politrauma alla testa e al cervello da multiple lesioni” è l’esito dell’autopsia svolta dal medico legale sul corpo della vittima. Ida Fontana muore senza possibilità di scampo.

IL PROCESSO. Gli avvocati di Umberto Scassillo, Michele Riggi e Ivanmarcello Severino, in udienza si sono riservati la richiesta di una perizia ai giudici (presidente Provitera). L’esame psichiatrico punterebbe a dimostrare sia l’incapacità di stare in giudizio, che quella “di intendere e di volere” dell’uxoricida al momento del fatto. Chiara la strategia della difesa: si punta alla possibile sospensione del processo.

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