L’Italia, oltre alla lingua ufficiale che noi tutti studiamo fin dalla tenera età, possiede anche tante lingue autoctone; quindi, diffuse in un determinato luogo o, per meglio dire, in una determinata città e sono i dialetti. Quello della Capitale è famoso sul territorio nazionale grazie anche al suo utilizzo nel grande e piccolo schermo.

Il romanesco, potremmo dire, è un dialetto unico nel suo genere, molto divertente ma anche particolare dal punto di vista linguistico, difatti possiede una sua grammatica. I romani, soprattutto i più giovani, hanno perso il suo utilizzo nel parlato perché si propende per l’utilizzo dell’italiano, ma ci sono delle espressioni tipiche degne di nota. Vediamole insieme. Però, prima di addentrarci in questa vera e propria lingua, è bene menzionare il sito www.subito.news/cultura/ se si vuole rimanere sempre aggiornati sulle ultime notizie sul mondo della cultura.

Un tuffo nel romanesco, alcune espressioni tipiche

Riconoscendo l’importanza del romanesco, da qui in poi elencheremo alcune espressioni tipiche e maggiormente diffuse a Roma con i relativi significati. Iniziamo.

  • Come er cacio sui maccheroni: espressione utilizzata in particolar modo quando si è di fronte ad un abbinamento che risulta perfetto, impeccabile; oppure in riferimento ad un qualcosa che riesce a completarne un’altra in modo ineccepibile.
  • Cerca’ Maria pe’ Roma: espressione utilizzata quando si è alla ricerca di qualcuno o qualcosa ma la stessa ricerca risulta difficoltosa; infatti, questo detto è molto simile a “cercare un ago in un pagliaio”. Secondo alcune teorie, si pensa che tale espressione sia nata proprio dalla difficoltà di trovare una persona che ha un nome così comune, come appunto lo è Maria, tra le mille strade di Roma.
  • Nun c’è trippa pe’ gatti: questa è un’altra espressione tipica della Capitale che, però, con gli anni si è anche diffusa su scala nazionale. Si utilizza per indicare una situazione in cui non c’è più nulla da fare, non esistono altre alternative.
  • Fa er provola: divertente modo di dire utilizzato soprattutto per riferirsi agli uomini che definiremmo in italiano dei “Don Giovanni”, ovvero tutti coloro che amano corteggiare galantemente le donne, anche più di una contemporaneamente. Il riferimento al provolone o provola pare nasca da un’associazione etimologica. Infatti, la parola “provola” deriva dal termine “prova” e da qui, probabilmente, è avvenuta l’associazione col dare del “provola” a colui che “ci prova” con le donne.
  • Daje e daje pure li piccioni se fanno quaie: questo può essere definito un proverbio e, nel suo insieme, risulta sia divertente ma anche immediato ed evocativo. Si utilizza in tutte quelle situazioni in cui si vuole esortare qualcuno a non arrendersi, a provare e riprovare perché fino alla fine può riuscirci, anche in quella situazione che all’inizio appare impossibile. Infatti, tradotto il proverbio vuole dire: “Prova e riprova anche i piccioni possono diventare quaglie”.
  • Aridaje: per concludere, non possiamo non citare una delle espressioni maggiormente utilizzata a Roma. Per quanto alcuni possano pensare che “aridaje” sia un “daje” al quadrato, in realtà non è così e i romani lo sanno bene. Infatti, questa espressione viene utilizzata per sottolineare la noiosa e non utile ripetizione di parole o di azioni.

Il romanesco, come tanti altri dialetti, è pieno di espressioni e modi di dire simpatici e caratteristici. Però, il dialetto romano ha sempre il suo perché sia quando viene parlato sia quando lo si ascolta.


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