POMPEI-BOSCOREALE. Traffico di droga, esplosivi e ‘bombe fai da te’, “con miccia, telecomando, e innesco col telefonino”, all’ombra del Vesuvio. Da Pompei al Piano Napoli di Boscoreale, passando per Torre Annunziata e le campagne di Poggiomarino. Sette pusher e 2 armieri condannati, in 19 rinviati a giudizio a dicembre: 39, invece, gli anni di carcere inflitti in totale dal gup del Tribunale oplontino, Emma Aufieri.

Il giudice ha così ‘stangato’ una sorta di neonato gruppo, messosi a fare affari in proprio all'indomani dello smantellamento dei principali clan camorristici della zona, e dunque pronto a rifornire di ‘polvere bianca’ l’intero hinterland Vesuviano. Non solo cocaina, marijuana e crack, ma anche esplosivi artigianali azionabili a distanza, collegandoli ad un cellulare.

Circa quattrocento – in soli due anni, tra il 2010 e il 2011 - gli episodi di spaccio ricostruiti dai poliziotti del commissariato di Pompei e dai carabinieri di Boscoreale, grazie ad intercettazioni telefoniche e pedinamenti. Tracce perlopiù raccolte nella città mariana e all’interno del rione di edilizia popolare di via Passanti Scafati.

LA SENTENZA. In nove hanno scelto il rito abbreviato e sono stati condannati. Si tratta di Marziano Lanzieri (5 anni e 4 mesi) e Raffaele Cecco, entrambi di Torre Annunziata (8 anni e 10 mesi); Alessandro Lettera di Boscoreale (2 anni), Francesco Fiorente di Torre Annunziata (2 anni e 10 mesi), Angela Fiorente di Pompei (2 anni), Giuseppe Melluso di Pompei (4 mesi), Giovanni Langella di Torre Annunziata (5 anni e 4 mesi), Raffaele Nappo (5 anni e 11 mesi) e Giuseppe Pandolfi (8 anni e 10 mesi). Le difese (tra i numerosi avvocati, anche i legali Anna Fusco, Luciano Bonzani, e Antonio De Martino) già preannunciano ricorso in appello.

LE ARMI. Solo Nappo e Pandolfi, entrambi pregiudicati originari di Boscoreale, erano accusati di traffico d’armi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la coppia sarebbe stata in grado di trafficarne d’ogni tipo: pistole, mitragliette Uzi, ordigni rudimentali, pronti ad essere immessi sul mercato per cifre anche vicine ai 2mila euro. Le esplosioni di prova – come emerso dai dettagli dell’inchiesta, coordinata dal pm della Procura di Torre Annunziata, Silvio Pavia - sarebbero avvenute nelle campagne tra Boscoreale, Pompei e Poggiomarino, in una zona poco distante dalle palazzine di via Passanti Scafati.

Ad inguaiare Nappo (unico ad ammettere le proprie colpe) e Pandolfi, diverse intercettazioni telefoniche. Colloqui che al pm avrebbero svelato un preoccupante fenomeno del ‘nero’, con ipotetici sviluppi terroristici in Africa. In una conversazione intercettata dagli investigatori, infatti, i due armieri si riferiscono ad una bomba ‘fai da te’, che un cittadino marocchino avrebbe acquistato a Boscoreale e poi fatto esplodere proprio in Marocco. 

GLI ALTRI. Rigettate invece le richieste di patteggiamento avanzate dagli avvocati di Alfonso Schettino, Maria Teresa Acunzo e Filippo Pescina di Pompei: andranno a processo con rito ordinario. Saranno dunque tra i 19 imputati rinviati oggi a giudizio. Oltre a loro: Vincenzo Sorrentino, Ezio Smaldone di Pompei, Giacomo Teodonno, Raffaele Paliasi, Massimiliano Scognamiglio di Torre Annunziata, Mario Di Lauro di Santa Maria la Carità, Virginia Cesarano di Pompei, Raffaele Vuolo di Pompei, Alessandra Sacco di Boscoreale, Salvatore Pandolfi di Boscoreale, Mariarosaria La Pietra, Mario Buonocore, Michele Stampone, Tommaso Sorrentino di Pompei, Giuseppe Borriello di Scafati e Mario Ambruoso.

NELL’ELENCO, PURE ‘L’ULTIMO’ SCOGNAMIGLIO. Nel nutrito elenco degli imputati c’è anche lui, Massimiliano Scognamiglio, fratello di Giovanni e di Roberto, uccisi due anni fa nella loro villetta, al confine con Pompei, al termine di un raid punitivo per una partita di droga mai pagata al clan boschese Gallo-Limelli-Vangone. Massimiliano, ‘l’ultimo’ degli Scognamiglio, vive ancora in quella villetta di via Andolfi. A sparare, la notte tra il 30 e il 31 maggio 2014, per i giudici fu Andrea Gallo. Il fratello 24enne del ras Peppino ‘o pazzo è già stato condannato, in primo grado, a 29 anni di galera come esecutore materiale del duplice omicidio. 

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