Uccisi per mano di camorristi. Quarant’anni fa, l’8 gennaio 1982, perdevano la vita in una sparatoria il Maresciallo Luigi D'Alessio. I criminali tentarono di fuggire a un posto di blocco. Ne scaturì un conflitto a fuoco durante il quale perse la vita anche la sedicenne Rosa Visone, raggiunta da alcune pallottole vaganti.

Il maresciallo per un eccesso di zelo non volle lasciare soli l'allora capitano Sensales e il collega Sandulli. “Dopo quarant'anni abbiamo il dovere di ricordare per le famiglie, per l'Arma dei Carabinieri e per noi – ha commentato il referente di Libera Torre Annunziata don Ciro Cozzolino -. Ricordare significa impegnarsi. Ricordare significa riconoscere che lo Stato siamo noi quando usciamo dall'indifferenza, dall'omertà e collaboriamo con le istituzioni dello Stato. Ricordare significa speranza che le cose che sono andate ‘così’ possono cambiare”.

Ricordati anche gli ultimi avvenimenti tragici che hanno segnato a comunità di Torre Annunziata: “Domani nelle nostre case accenderemo il cero della Giustizia per ricordarci che i nostri territori hanno sete di giustizia e che noi possiamo fare qualcosa, possiamo sognare una città più bella. Insieme a Luigi e Rosa ce lo chiedono anche Antonio Morione, Maryia Baran e Maurizio Cerrato”.

A ricordare il maresciallo D’Alessio e Rosa Visone si è unito anche il sindaco Vincenzo Ascione, il quale ha ricordato che 40 anni fa si consumava una delle pagine più buie e tristi della città: “Ricordo ancora l’assordante rumore delle sirene delle gazzelle dei carabinieri e delle ambulanze accorse sul luogo in cui si era consumata la tragedia, nonché il dolore, l’angoscia e lo sconforto per ciò che era appena accaduto – ha spiegato il primo cittadino -. Torre Annunziata vive anche oggi un momento complicato, ma lo Stato in questi anni ha saputo reagire con fermezza alla prepotenza del sistema camorra e al giogo che le organizzazioni criminali volevano imporre sul territorio. Il maresciallo D’Alessio e Rosa Visone continuano a vivere nei nostri ricordi e ad albergare nei nostri cuori. L’intera comunità si stringe in un ideale abbraccio ai familiari che, a distanza di quarant’anni, continuano a soffrire per la perdita dei loro cari. Perché il tempo può in parte lenire il dolore, ma non potrà mai cancellarlo”.

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