Ucciso per un parcheggio, le ore terribili di Maria Adriana: a processo gli omertosi
Prima udienza fissata per il prossimo 27 giugno. Alla sbarra anche chi cancellò il delitto di Maurizio Cerrato
06-03-2022 | di Gianluca Buonocore

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“Vieni qua che ti uccido, ti taglio la testa se giri ancora con quell’auto”. Attimi davvero terribili per Maria Adriana Cerrato la sera del 19 aprile di un anno fa quando suo padre, Maurizio Cerrato, fu ucciso in via IV Novembre a Torre Annunziata da quattro belve per un parcheggio.
A proferirle queste pesanti parole furono i fratelli Rosa e Giorgio Scaramella. Quest’ultimo a capo del branco del quale facevano parte anche il cugino Domenico e Francesco e Antonio Cirillo, rispettivamente padre e figlio.
Loro assieme ai proprietari del garage, i fratelli Pierluigi e Alessandro Savarese, e a Marco Salvi, datore di lavoro di Maria Adriana, sono accusati a vario titolo di minacce, lesioni e favoreggiamento. Lo scorso 3 marzo, su richiesta del sostituto procuratore Giuliana Moccia, c’è stato il rinvio a giudizio.
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La prima udienza è stata fissata per il prossimo 27 giugno al tribunale di Torre Annunziata. Ancora una volta la famiglia Cerrato dovrà combattere contro il muro di omertà che si è innalzato quella terribile sera.
LE POSIZIONI. La posizione più pesante è proprio quella degli Scaramella, che hanno innescato il delitto aggravato dai futili motivi. Loro presero per i capelli e picchiarono la povera figlia di Cerrato, che ha avuto comunque il coraggio di denunciare e ricordare più volte l’accaduto. La sua testimonianza è stata già congelata dall’incidente probatorio.
Gravi anche le accuse che pendono sui fratelli Savarese, che cancellarono le immagini del delitto, sotto la minaccia di Giorgio Scaramella. Il recupero è avvenuto solo grazie alla perizia tecnica da parte della Procura. Secondo quanto scritto nell’ordinanza firmata dal gip Fiorentino, oltre a quello, provvidero anche a pulire il sangue presente sulla scena del delitto per evitare sospetti.
Infine c’è anche Marco Salvi, tra le persone rinviate a giudizio nel procedimento. Il datore di lavoro di Maria Adriana, che è la persona offesa nel processo e sarà rappresentata dall'avvocato Giovanni Verdoliva, prima ammise di non aver riconosciuto le persone presenti all’interno del garage, salvo poi ritrattare la sua versione qualche giorno più tardi.
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