E’ passato un anno dal decreto “Io resto a casa”. La sera del 9 marzo 2020, in diretta a reti unificate, l’ex premier Giuseppe Conte annunciava per la prima volta la “zona rossa in Italia”. “Bisogna tutti rinunciare a qualcosa per il bene dell’Italia”. Era questo uno dei diktat dell’allora presidente del consiglio.
A distanza di 365 giorni, la terza ondata dei contagi Covid sta travolgendo tutta l’Italia. Le varianti e il numero di morti e ricoverati in crescita, stanno portando all’ennesimo Dpcm con nuove misure restrittive. L’attuale premier Mario Draghi ha chiesto un’accelerata alla campagna vaccinale, unico modo per uscire dall’emergenza. Ma finora la situazione si conferma sempre più drammatica.
IL RICORDO. Torre Annunziata è stata colpita, così come tutte le città, dalla pandemia. Don Ciro Cozzolino, referente del presidio Libera, ha voluto ricordare i momenti che ha vissuto nel primo lockdown. “Non si aveva ancora contezza che l’emergenza dovesse durare così tanto, ma era chiaro da subito che dovevamo pensare di aiutare le persone più fragili. Inoltre come presidio scrivemmo una lettera per evidenziare il fenomeno dell’usura, che in un periodo di crisi come quello che stava per iniziare avrebbe potuto proliferare sempre di più. Ma anche altre associazioni del territorio hanno svolto un ottimo lavoro, con la consegna di pacchi spesa alle famiglie meno abbienti”.
Tra i tanti momenti drammatici, il parroco della Trinità ne ricorda uno in particolare. “Un pomeriggio si presentò un uomo sulla trentina in lacrime. Era da poco uscito dal carcere e non sapeva come dar da mangiare al proprio figlio. La testimonianza di quest’uomo, che mi rese partecipe della sua tristezza fu per me un’esperienza assai toccante. Malgrado non venne da me per un aiuto, decidemmo lo stesso di stargli vicino”.
Solo dal 14 febbraio in chiesa è stato possibile ripristinare il segno della pace. La stretta di mano è stata sostituita da un inchino con la testa. “E’ un segnale di ripartenza anche questo. L’immagine di papa Francesco tutto solo durante il Sabato Santo di un anno fa in piazza San Pietro, rimane per me l’emblema della pandemia”.
Il presente è ancora ricco di nuvole per i torresi. “Tante persone ci hanno lasciato e per me è un grande dolore –ha proseguito don Ciro- In tanti hanno anche dovuto fare i conti con l’esperienza del contagio. In alcuni ha prodotto degli effetti di consapevolezza dei propri limiti, ma ci sono altri che in questo periodo si sono inariditi. Sia nelle relazioni con gli altri che con sé stessi”.
Infine l’appello in particolar modo per i giovani. “Per uscire dall’emergenza c’è bisogno di un senso di responsabilità maggiore da parte di tutti. La prudenza che viene chiesta dai medici è un gesto di solidarietà. Come cittadini non possiamo esimerci da tutto ciò. Ai ragazzi dico che la vita è un bene prezioso e non va sprecato. E non c’è bisogno di farsi abbagliare dai falsi miti che alle volte circolano in città”.
E’ passato un anno dal decreto “Io resto a casa”. La sera del 9 marzo 2020, in diretta a reti unificate, l’ex premier Giuseppe Conte annunciava per la prima volta la “zona rossa in Italia”. “Bisogna tutti rinunciare a qualcosa per il bene dell’Italia&r...
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