Prima in guerra tra di loro e poi legati da un patto di ferro per estorcere soldi a commercianti e imprenditori. I signori del pizzo di Scafati e Castellammare in cinque anni hanno usato anche bombe e armi da guerra per intimidire le loro vittime. Da ieri mattina su disposizione della Dda torna in carcere anche Vincenzo Cesarano, il boss di Ponte Persica a cui la cosca ha affidato il comando da quando Luigi di Martino è in carcere. Ventuno le estorsioni ricostruite, 17 a Scafati, 3 a Castellammare e una a Santa Maria la Carità.

Per la Procura Antimafia di Salerno, pm Giancarlo Russo, fanno parte della strategia del terrore messa in atto dai Cesarano di Ponte Persica in accordo con i Matrone di Scafati. Sono 34 i coinvolti in un'inchiesta partita dal 2017, 13 in carcere, 8 ai domiciliari e altri 13 gli indagati a piede libero che hanno subito una perquisizione domiciliare.

Ordinanze di custodia cautelare in carcere per Luigi Di Martino ‘o profeta di Castellammare di Stabia, Giuseppe Buonocore di Scafati, Aniello Falanga di Scafati, Andrea Bambace di Gragnano, Filippo Bambace di Gragnano,  Raffaele Belviso di Castellammare di Stabia, Francesco Berritto di Scafati, Giovanni Cesarano di Castellammare di Stabia, Giovanni Barbato Crocetta di Scafati, Vincenzo Cesarano di Castellammare di Stabia, Ferdinando Cirillo di Pompei, Antonio Palma di Scafati, Pasquale Panariello di Scafati trovato durante la perquisizione in possesso di droga.

Ai domiciliari Salvatore Avallone di Sant’Antonio Abate, Alessandro Ben Hazaz di Scafati, Vincenzo Buonocore di Scafati, Agostino Celentano di Castellammare di Stabia, Raffaele Di Ruocco di Gragnano, Salvatore Generali di Scafati, Luigi Marra di Boscoreale, Francesco Terrestre di Scafati.

A piede libero Giacomo Casciello, Filomena Generali, Fausto Irtini, Raffaele Irtini, Gennaro e Luigi Ridosso, Aurelio Salierno, Gino Santarpia, Francesco Sicignano, Alfonso Loreto, Luigi Marra, Marcello Panariello e Andrea Spinelli detto Dario (collaboratore di giustizia).

Tutti reati commessi tra il 2014 e il 2019 ai danni di attività commerciali e atti minatori verificatisi sui territori scafatesi e vesuviani. L’iniziale guerra tra clan si sarebbe trasformata in un patto con la reggenza assunta da Vincenzo Cesarano, cugino dello storico capoclan Ferdinando e all’applicazione di misure cautelari per estorsione di figure apicali quali Luigi De Martino detto ‘o profeta, Giovanni Cesarano e Raffaele Belviso. E il boss finisce in cella.


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