Inerzia. E’ la parola che viene ripetuta diverse volte dalla Commissione d’Accesso nel dossier di 55 pagine. Un termine ripreso anche dal Ministro dell’Interno nella relazione inviata a Mattarella. Così i massimi vertici dello Stato descrivono l’amministrazione guidata da Enzo Ascione, motivandone lo scioglimento. Al netto dei naturali omissis, il termine che torna più di tutti nel racconto è proprio inerzia, “condizione, temporanea o abituale, di immobilità o inattività”.

Nonostante la profonda conoscenza della macchina comunale, dopo 22 anni trascorsi da consigliere e assessore, una volta giunto alla guida dell’ente, Ascione si caratterizza per l’assoluta inerzia, consentendo al cancro del sistema malavitoso e corruttivo di farsi strada negli uffici di via Provinciale Schiti.

Un’inerzia che ha consentito a un personaggio come Salvatore Onda, nipote di un killer dei Gionta, di diventare il deus ex machina del comune di Torre Annunziata, un’inerzia che ha portato l’ex sindaco a non presentarsi a testimoniare su un episodio di aggressione ai danni di un dipendente, da parte di un collega con rapporti di parentela con ambienti malavitosi. Inerzia quando il Sistema Ariano diffondeva il cancro delle tangenti e delle mazzette all’Ufficio Tecnico. Inerzia addirittura nei confronti dei vertici dello Stato, snobbati dall’ex primo cittadino il quale, anziché approfittare della mano tesa del Prefetto (sulla disponibilità ad utilizzare gli uffici della Prefettura per la gara sul sistema di videosorveglianza, ndr) ha voltato le spalle alla legalità per abbracciare Onda definito esempio di “resilienza”.

Sia chiaro, qui nessuno è esente da responsabilità. Prendersela solo con il primo cittadino sarebbe troppo comodo. Nel dossier della Commissione d’Accesso, dietro ai tanti omissis, ci sono nomi e cognomi di assessori, consiglieri comunali, dirigenti, funzionari, dipendenti del Comune e della Primavera. Un cancro diffuso ovunque, capace di annidarsi quasi in tutti gli uffici della macchina amministrativa. Per estirparlo, l’unico modo forse è radere al suolo tutto, allontanando dalla vita politica e dagli uffici tutti quei nomi che si nascondono (per il momento) dietro gli omissis. Quando saranno noti, non ci dovranno essere mezze misure. Occorre un Daspo anche nella normativa sugli scioglimenti, per i politici come per i funzionari pubblici, che preveda il divieto di dimora, l’allontanamento dagli uffici pubblici e il licenziamento. Altrimenti, tra due anni, saremo al punto di partenza.

Ma accanto ad un’opera di demolizione del marciume, occorre anche una ricostruzione, altrimenti restano solo macerie. Serve un vero e proprio piano Marshall per rimettere in piedi una città colpita dal degrado urbano, sociale e culturale. Da Torre Nord, passando per il centro antico, fino a Rovigliano, nessun quartiere si salva. Possiamo riempirci la bocca di tante belle parole, come rivoluzione culturale, rigenerazione, ma la verità è che ci vuole gente disposta a rimboccarsi le maniche e a lavorare per la propria città. Servono persone perbene disponibili a sacrificare parte del proprio tempo al servizio della comunità e che mettano sul tavolo entusiasmo, passione, idee, possibilmente senza manie di protagonismo.

Ma occorre anche che lo Stato, e la Commissione Prefettizia che rappresenta lo Stato sul territorio, dia una visione. Non possiamo lasciare tutto alla buona volontà delle persone perbene. Occorre dare un segnale, un’iniezione di fiducia nei confronti di una comunità disorientata e disincantata. Si utilizzino bene e velocemente i fondi PNRR e CIS e si metta in campo un'azione di contrasto all'illegalità che sia palpabile sul territorio.

Dopo la guerra di camorra tra il 2006 e il 2008, quando si insediò il Comando Gruppo dei Carabinieri si avvertì subito che la musica era cambiata. Ci volle poco tempo per respirare nuovamente un clima di fiducia verso le forze dell’ordine e lo Stato. Occorre un’azione simile, ma che coinvolga questa volta la pubblica amministrazione. Occorre un’opera di depurazione totale. Andare fino in fondo è l’unico modo per risalire.

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