A poco più di un mese  dal provvedimento attraverso il quale il tribunale delle libertà ha deciso di confermare gli arresti domiciliari a Nicola Fiengo l’imprenditore accusato di usura, i legali della famiglia specializzata nel commercio di pietra lavica hanno presentato un nuovo ricorso. Il fratello del vice sindaco di Ercolano è finito nel mirino degli inquirenti insieme a Ciro Di Buono, e Antonio Lucarelli.

Gravissime le  accuse che pendono sul capo di Fiengo  che secondo la tesi dei carabinieri di Ercolano e della Procura, avrebbe imposto tassi usurai a un imprenditore ercolanese titolare di un autosalone sito in Via Trentola. Nei giorni scorsi, infatti, i legali hanno dato il via ad una serie di controlli e acquisizioni di atti per certificare il valore del terreno che l’imprenditore avrebbe acquisito a un prezzo inferiore rispetto ai “canoni” del mercato. Una sottostima che- associata ai prestiti concessi alla vittima e all’interpretazione delle intercettazioni- configurerebbe per gli inquirenti il reato di usura. Secondo gli inquirenti l' 'imprenditore finito sotto strozzo all'epoca dei fatti era alle prese con l'apertura della sua attività,avrebbe chiesto in prestito a Fiengo , che gli stava fornendo alcuni materiali in pietra lavica per terminare l'allestimento del suo salone di auto.

L'uomo per portare a termine il suo progetto ha chiesto in prestito 40mila euro in tutto da restituire in quattro mesi con interessi pari a 10mila euro», come hanno scritto gli inquirenti nelle trentadue pagine dell'ordinanza di custodia cautelare. Non riuscendo a stare dietro ai pagamenti e interessi, l’imprenditore ha deciso di fornisce a Fiengo come garanzia per il prestito il terreno dove si trova la rivendita auto, a fronte di un prestito che interessi compresi si aggirava intorno ai 50 mila euro l'usuraio aveva attenuto la lo spazio dove sorgeva l'attività dal valore di di 270mila. Fiengo, secondo gli inquirenti, avrebbe anche ottenuto come riscossione del credito delle vetture di molto costose dalla concessionaria senza pagarle.

C.C

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