E’ Catello Schettino, l’imprenditore di Castellammare raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare eseguita dal Gruppo Guardia di Finanza di Torre Annunziata, su provvedimento del Gip.

L’uomo, gestore dei un distributore di carburante a Santa Maria La Carità, è ritenuto responsabile dei reati di usura e estorsione ai danni di un commercialista della penisola sorrentina.

Nei confronti di Schettino è scattato anche un sequestro preventivo per un valore di quasi 320mila euro.

L’indagine è stata svolta sotto il coordinamento di questa Procura della Repubblica, dalla Tenenza di Massa Lubrense, prendendo le mosse da anomale operazioni finanziarie affiorate nell’ambito di un’attività di verifica fiscale eseguita, dallo stesso Reparto della Guardia di Finanza, nei confronti del professionista sottoposto ad usura.

Sulla base degli elementi acquisiti dalla Procura di Torre Annunziata, è stato ricostruito un rilevante quadro indiziario dal quale emergeva l’intero rapporto usurario iniziato nel lontano 2013 e perdurato fino alla data odierna, costringendo la vittima - anche attraverso percosse e minacce - alla restituzione di oltre 300 mila euro, a fronte di un prestito iniziale di 65 mila euro, con l’applicazione, quindi, di gravosi tassi usurari calcolati, in ben oltre il 60% sull’intero periodo.

In particolare, Schettino, con una significativa capacità criminale e attraverso pervicaci pressioni vessatorie, ha illecitamente richiesto alla sua vittima, da un lato, assegni “in bianco” senza l’indicazione del beneficiario (che poi venivano incassati e monetizzati prevalentemente da soggetti economici operanti nell’hinterland stabiese) e, per altro verso, numerose dazioni di denaro in contanti (che, talvolta, provvedeva coattivamente a prelevare dal portafogli dell’usurato), arrivando a pretendere da quest’ultimo, ormai ridotto in una situazione di assoluta soggezione e disagio finanziario, finanche la vendita della casa del padre e di quella della madre.

Nel perseguire l’illecito scopo di prosciugare impietosamente le risorse economiche del commercialista, l’usuraio ha costretto la vittima, tra le varie modalità di restituzione del prestito, ad assumere la moglie, in qualità di collaboratrice professionale (con emissione di regolare busta paga e con il pagamento di stipendio e - almeno in parte - degli oneri contributivi e previdenziali), senza che quest’ultima svolgesse di fatto alcuna prestazione lavorativa, con la conseguente elargizione alla consorte dello “strozzino”, tra l’altro, di assegni per quasi 40 mila euro.

Il Giudice per le Indagini Preliminari, condividendo le ipotesi investigative di questa Procura, ordinava l’esecuzione della misura cautelare in carcere nei confronti del soggetto stabiese, disponendo contestualmente il sequestro preventivo di quasi 320 mila euro quale profitto diretto del delitto di usura.

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