TORRE ANNUNZIATA. “No, ti prego. Non far salire nessuno a Milano. Stavolta a pagare ce la faccio: mio marito al cellulare disse proprio così. Eravamo in macchina, stavamo andando a fare la spesa vicino alla metro. Ed io ebbi paura”. Teresa (nome di fantasia) è la moglie di Valerio d.a., l’imprenditore lombardo che nel dicembre 2012 chiese all’ex presidente del Savoia Franco Immobile, 71 anni, ai domiciliari per usura dallo scorso 24 febbraio, un prestito da 150mila euro per ristrutturare un’osteria-pescheria al centro di Milano. Il racconto di Teresa ai giudici, stanco e rotto più volte dall’emozione, ha scritto ieri un nuovo capitolo del processo a “O’ presidente”: “perdemmo tutti i nostri soldi l’8 dicembre, eravamo disperati – ha aggiunto la moglie dell’imprenditore, costituitosi parte civile - . Mio marito mi disse: ‘prendiamo il prestito, è l’ultima spiaggia’. Per il pm della Procura oplontina, Sergio Raimondi, Immobile avrebbe poi preteso la restituzione dell’intero capitale più interessi del 10 per cento mensili.

LE CONSEGNE. “La prima volta mio marito venne in un bar di Torre Annunziata, prese 100mila euro e ripartì per Milano. La seconda tranche del prestito la ottenne il 20 dicembre, direttamente a casa di Immobile. Nascondemmo i soldi, erano tutti 50 e 100 euro, e completammo i lavori. Il 20 gennaio 2013 pagammo la prima rata. Eravamo tranquilli, perché avremmo estinto il debito vendendo la quota di un albergo di papà sul lago di Garda. Poi le cose precipitarono, la mia famiglia mi bloccò i fondi”. Ed allora la paura di Teresa aumentò: “iniziammo ad avere dei ritardi – ha continuato in aula - . Valerio voleva tenermi lontana da tutto, si sentiva in colpa, voleva proteggermi; ma a volte riusciva a pagare solo 8mila euro al mese. Abbiamo restituito a Franco Immobile 240mila euro in tutto. Io l’ho saputo solo dopo, quando la Finanza perquisì lo studio di mio marito”.

LA CASA A MILANO. Un documento decisivo per le sorti del processo è la scrittura privata, firmata da Teresa, per la vendita di un appartamento al centro di Milano dal valore di circa 180mila euro. Appartamento ampio: due locali, cucina e bagno, tutto ricevuto in eredità da sua madre. “E’ la prima volta che vedo questo contratto – ha spiegato la donna - . La firma sul foglio è mia, certo. Valerio mi disse che Franco Immobile voleva una garanzia sul prestito. Io firmai e basta, non ne sapevo molto e non ho mai incontrato nessuno dal notaio”.

LA DIFESA. L’avvocato di Franco Immobile, Elio D’Aquino, ha provato in udienza a dimostrare alcune “incongruenze” nel racconto della donna: depositata a processo un’ampia documentazione bancaria, che dimostrerebbe sia la vendita dell’appartamento al centro di Milano ad un terzo soggetto, nel mese di dicembre 2013, che il mancato sequestro dei beni di famiglia dell’imprenditore lombardo. Beni al contrario tutti bloccati, secondo la ricostruzione di sua moglie ai giudici, “prima di chiudere un accordo con mia madre nel mese di luglio 2014: quattro soldi in più, niente di che. Erano 60mila euro, in tre tranche da 20mila”.

 

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