Veleni nel fiume Sarno, sequestrata industria dolciaria. Nei guai la 'IDAV S.p.A' di Striano, responsabile di inquinamento ambientale, scarico abusivo di reflui industriali e gestione illecita di rifiuti. In azione i Carabinieri del Comando Gruppo per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica di Napoli e del Gruppo di Torre Annunziata, in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo, emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della Procura Oplontina.

In esecuzione del provvedimento cautelare reale si è proceduto alla chiusura dello stabilimento industriale e al fermo totale degli impianti e dei processi produttivi, resisi necessari al fine di far cessare la protrazione delle condotte illecite di inquinamento e di impedire l’aggravamento delle conseguenze dei reati per cui si procede, anche in considerazione del fatto che la stessa società, in precedenza, era già stata oggetto di analogo provvedimento di sequestro per la violazione della normativa a tutela dell’ambiente. 

I militari hanno anche rintracciato la presenza di 279 emissioni in atmosfera non autorizzate e reati edilizi. Le indagini, espletate dai Carabinieri del NOE di Napoli con l’ausilio del personale tecnico dell’A.R.P.A. Campania, e coordinate dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, hanno permesso di accertare che l’attività di produzione, confezionamento e vendita di frutta candita, confetture, marmellate e confetti con marchio “bio” dell’azienda “IDAV S.p.A.” di Striano, ubicata su una superficie di circa 81.000 mq., veniva esercitata in violazione della normativa ambientale, con riferimento allo scarico dei reflui nei corsi d’acqua, alla gestione dei rifiuti e alle emissioni in atmosfera, sulla scorta di un’Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.), invalida ed inefficace per la non conformità urbanistica dello stato dei luoghi, per la presenza di numerose difformità edilizie, nonché inidonea, essendo l’esercizio dell’attività assoggettato al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale e alla Valutazione di Incidenza Ambientale.


In particolare, i reflui industriali, costituiti dalle acque del processo di lavorazione e dalle acque di lavaggio dei piazzali dello stabilimento, portatrici di sostanze inquinanti come olii, grassi, idrocarburi e polveri, venivano sversati, attraverso l’utilizzo di appositi by – pass ricavati sotto la pavimentazione dei piazzali esterni dell’azienda, in parte nell’attiguo canale Rio Foce, affluente del fiume Sarno, e in parte sul suolo e nel sottosuolo, attraverso una tubazione recapitante i reflui, per mezzo di trincee appositamente realizzate, sui terreni, attigui all’impianto produttivo.  
Le condotte illecite, reiterate nel tempo, hanno provocato un grave inquinamento ambientale per il “diffuso stato di contaminazione per le matrici ambientali del suolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee” presenti presso lo stabilimento della società, a causa della immissione, nelle acque di scarico, di solidi sospesi, solidi disciolti, idrocarburi, alluminio, solfuri, cloruri, manganese, azoto ammoniacale, in valori di concentrazione superiori ai limiti di legge e corrispondenti ad un livello di “non accettabilità” e al pericolo di “alta mortalità per gli organismi viventi”.  
Inoltre, nei diversi campioni delle acque di scarico dell’azienda è stata rinvenuta la presenza di metalli pesanti come il Rame, lo Zinco e il Piombo, metalli noti per le loro caratteristiche di tossicità, persistenza e bio-accumulabilità. Nel corso dei controlli effettuati nel settembre del corrente anno veniva appurato anche che i reflui derivanti dal dilavamento dei materiali e dei prodotti, oggetto di un incendio che aveva interessato una parte dello stabilimento industriale, verificatosi nel mese di luglio 2024, venivano convogliati, senza alcuna depurazione, negli scarichi abusivi. 

Si è accertato, inoltre, che l’azienda abbandonava e comunque depositava in modo incontrollato rifiuti speciali non pericolosi, tra cui scarti di lavorazione, e smaltiva illecitamente i rifiuti speciali consistenti in fanghi provenienti dall’impianto di depurazione.  Il legale rappresentante della società risponde del reato di impedimento del controllo, per avere intralciato ed eluso l'attività di controllo ambientale, mediante la predisposizione di ostacoli e il mutamento artificioso dello stato dei luoghi.  

E’ stata accertata, infine, la realizzazione, all’interno dell’impianto aziendale, di una struttura in acciaio tompagnata con pannelli coibentati, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed ambientale, in assenza del permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica. 
 

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