I Chierchia erano stati chiari: volevano ‘facce pulite’ per uccidere Aurelio Venditto. Ci volevano killer che in città non fossero conosciuti, anche solo per il gusto di sorprendere la vittima, che in questo caso si era aggiudicata una condanna a morte per aver – secondo le ‘indagini’ interne alla cupola – ucciso il cognato dei due Chierchia. Ma non solo, Venditto ‘dava fastidio’ anche per questioni legate alla droga. Così, fu deciso di eliminare quell’uomo legato fra l’altro ai Limelli-Vangone, semmai servissero altri motivi per convincere i vertici oplontini della sua eliminazione. Per quel proposito i Chierchia scelsero i Birra: quell’alleanza con gli ercolanesi mai come in quel momento tornava utile. Grazie a loro potevano uccidere il bersaglio senza mettere in campo  - e quindi a rischio – dei ‘cecchini’ loro, fin troppo noti in città.

Dunque i killer furono scelti e messi a disposizione dalla cosca di Giovanni Birra: uno scambio di favori, ricompensato con un orologio e un po’ di droga per i ‘soldati’ che se ne erano occupati, su ordine dei vertici di Ercolano.

All’epoca funzionava così, le alleanze, quelle strategiche – per cui brillavano gli oplontini, dai Chierchia ai Gionta – erano utili per mettere a segno delitti che non dovevano essere appariscenti, ma risolutivi. In quel caso i Chierchia – che attraverso Michele Chierchia avevano ottenuto quelle amicizie in quel di Ercolano – stavano semplicemente chiudendo una questione iniziata tempo prima con l’uccisione del cognato, il quale con la vittima aveva avuto degli screzi dovuti al traffico di stupefacenti. 

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