"Mi hanno ucciso di mazzate, dal primo piano al seminterrato sono sceso con calci, pugni e manganellate. I poliziotti penitenziari hanno commesso un grande errore, non è così che si danno i segnali" .

È ancora segnata dalla sofferenza la voce di un detenuto del carcere di Santa Maria Capua Vetere, tra le vittime dei pestaggi avvenuti il 6 aprile 2020 nell'istituto; fatti peri quali ieri oltre 50 tra ufficiali e sottufficiali della Polizia Penitenziaria in servizio quel giorno sono stati raggiunti dalle misure cautelari emesse dal Gip su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere per tortura, maltrattamenti, depistaggio, falso. Il detenuto, che non vuole rivelare il nome, è tra i pochi dei quasi 300 malmenati ad avere presentato denuncia; lui ebbe infatti la fortuna di uscire dal carcere il 10 aprile e di andare ai domiciliari in una località del Casertano, dove i carabinieri lo ascoltarono.

"Dopo gli arresti di ieri - prosegue - sono sollevato, li aspettavo da tempo.Ma ad oltre un anno di distanza ho ancora paura. Negli occhi ho ancora quei momenti terribili, mai vissuti in carcere e con nessun poliziotto della Penitenziaria, con i quali ho sempre avuto buoni rapporti. Ma quel 6 aprile fu una cosa assurda, mai vista. Ci hanno pestato per ore, facendoci spogliare, inginocchiare, qualcuno si è fatto la pipì addosso, a qualcun altro tagliarono barba e capelli. Il giorno dopo ci hanno fatto stare in piedi non so per quanto tempo vicino alle brande, come fossimo militari. Non potevo non denunciare, ma altri compagni impauriti non lo hanno fatto. Vorrei dimenticare, spero che il processo arrivi presto", conclude.


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