Castellammare di Stabia. “La Dda voleva dimostrare che tutta Castellammare ‘puzzava’ di clan D’Alessandro. Non ce l’ha fatta”. E’ il commento quasi unanime degli avvocati dei 16 acquafrescai di via Duilio, assolti ieri “perché il fatto non sussiste” nel processo sulla presunta turbativa d’asta per l’assegnazione della gestione dei tradizionali chioschi all’Acqua della Madonna. Per tutti, l’accusa aveva chiesto la condanna a un anno e mezzo.

Tra gli imputati anche il dirigente del Comune di Castellammare di Stabia, Lea Quintavalle, e i due dipendenti pubblici Michele Martone e Aniello Lamberti (intanto andato in
pensione). Anche loro, che avevano il compito di controllarne svolgimento ed esiti, sono stati scagionati dall’accusa di una “palese gara truccata” - così i pm della Procura di Torre Annunziata – “sospetta perché i partecipanti al bando, già gestori dei chioschi e legati da vincoli di parentela,  presentarono nello stesso giorno la medesima offerta”. Di 3.250 euro, su una base d’asta fissata invece a 3234.   

Lungo e complesso l’iter giudiziario. I 19 imputati, difesi da un folto collegio difensivo (composto tra gli altri dai legali Antonio de Martino e Alfonso Piscino), hanno infatti incassato l'assoluzione dopo un proscioglimento già ottenuto nel 2012. Poi il ricorso in Cassazione, vinto dalla Procura oplontina, e il successivo rinvio a giudizio da parte del giudice.

L’assegnazione dei 16 ristorantini in riva al mare fu definita “sospetta” anche dalla Commissione d’Accesso, insediatasi nel 2009 a Castellammare di Stabia dopo l’omicidio
di camorra del consigliere Pd Gino Tommasino.

 

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