Crollo Rampa Nunziante: la sentenza slitta a fine anno
Ancora attesa per la verità sulla tragedia del 7 luglio 2017
30-10-2024 | di Marco De Rosa
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Slitta ancora la data della sentenza per stabilire la verità sul crollo di Rampa Nunziante. Un cavillo burocratico riguardante una mancata notifica ha spostato la data del verdetto a fine anno. Una sentenza che i familiari delle vittime di Rampa Nunziante aspettano in silenzio e con dignità, coltivando la memoria delle otto persone che hanno perso la vita sotto quelle macerie il 7 luglio del 2017, tra le quali due bambini.
LA RICOSTRUZIONE. Secondo quanto stabilito dal tribunale di Torre Annunziata, il crollo fu dovuto per il cedimento di un maschio murario al secondo piano della palazzina. Ed ora che il processo in secondo grado sta volgendo al termine, cresce l’attesa in città che non ha mai dimenticato quel giorno di sette anni fa. Nel 2021 ci fu la prima sentenza, arrivata a quattro anni esatti dalla tragedia. La pena più pesante l’ha ricevuta Gerardo Velotto (12 anni e 6 mesi di reclusione), proprietario degli appartamenti al secondo piano. Secondo l’accusa è stato proprio a causa dei suoi lavori avventati, che il palazzo sarebbe crollato. Per tale ragione il capo mastro Pasquale Cosenza ha subito una pena di 9 anni e 6 mesi. Sentenza dura anche per i tecnici Massimiliano Bonzani e Aniello Manzo, chiamati a scontare rispettivamente 12 e 11 anni. Assolti per non aver commesso il fatto, ma condannati per il falso ideologico, Massimo Lafranco e Roberto Cuomo. Il primo aveva venduto gli immobili a Gerardo Velotto, mentre il secondo era l’amministratore del condomino della tragedia.
Crollo Rampa Nunziante. Slitta il processo: ancora attesa per la verità
Prossima udienza a settembre: sentenza in autunno
Nel processo in appello si è aggravata la posizione di Massimo Lafranco e Roberto Cuomo, ritenuti anch’essi responsabili del crollo di Rampa Nunziante. Per questo motivo il sostituto procuratore generale di Napoli Dina Cassaniello ha chiesto per loro una condanna a 8 anni di reclusione. La stessa richiesta che fece in primo grado la Pm Andreana Ambrosino, per i due avvocati. Una richiesta che il giudice Francesco Todisco rigettò, confermando solo l’accusa di falso ideologico, reato per cui incassarono una condanna con pena sospesa di un anno e mezzo.
Il sostituto procuratore Dina Cassaniello oltre a chiedere 8 anni di reclusione per Lafranco e Cuomo, ha richiesto la conferma delle condanne in primo grado per tutti gli altri imputati.
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