Sei mesi di prigionia in un campo profughi in Libia. Notti infernali trascorse a dormire per terra, sotto la pioggia battente. E poi il risveglio peggiore: le continue bastonate dei trafficanti. Questa è la storia di Wajid Khaan, giovane pakistano di 31 anni sfuggito per un soffio alla morte. “Torture, violenze e soprusi non mi strapperanno via il sorriso. Ho vissuto un incubo, ma non mi arrendo. Ora mi aspetta una nuova vita a Torre Annunziata e sono pronto a ricominciare”.

A cambiare il destino di Wajid è l’incontro con Carmela Sermino, vedova di Giuseppe Veropalumbo, carrozziere assassinato dalla camorra il 31 dicembre 2007 a Torre Annunziata. “Wajid mi ha colpito per la sua grande forza. Ne ha passate tante ma non si arrende. È arrivato in Italia l'anno scorso dopo mesi da incubo. So cosa vuol dire perdere qualcuno e affrontare momenti bui. Sentivo che dovevo fare qualcosa per salvarlo e l’ho accolto a casa mia. Vive con me da quindici giorni. Sta studiando italiano ed è alla ricerca di un lavoro. Torre Annunziata sarà per lui un nuovo punto di partenza".

Wajid scappa dal Pakistan per mettersi in salvo. C’è una taglia sulla sua testa e rischia la vita. Lascia i genitori e i fratelli da un giorno all’altro. La sua è una famiglia benestante, ma i soldi stavolta non c’entrano. In fuga dai talebani affronta un lunghissimo viaggio verso la Libia. Ma non sa che lì lo aspetta l’inferno. “Non ero al sicuro nel mio paese. Mio fratello è morto e sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me. I talebani impongono le loro spietate regole, senza fare sconti a nessuno. Pretendono i tuoi soldi, le tue proprietà e tutto ciò che possiedi. Se non ti pieghi, rischi la pelle”.

Dal Pakistan alla Libia. Dalla Libia all’Italia. Un viaggio drammatico, come una finestra che affaccia direttamente sull’abisso. Dopo sei mesi di prigionia lo caricano su un barcone insieme ad altre 150 persone. Arriva a Lampedusa l'anno scorso dopo 36 ore di viaggio, è vivo per miracolo. “Porto ancora i segni delle violenze sul corpo. Ormai sono cicatrici indelebili. Ero costretto a bere acqua e petrolio e a subire ogni tipo di tortura. Mangiavo solo pane una volta al giorno, non c’era altro. Durante la prigionia sono morte alcune persone. I trafficanti si liberavano dei cadaveri gettandoli in mare”.

Dolore, speranza e rinascita. Carmela al fianco di Wajid e Wajid al fianco di Carmela. “Questo ragazzo merita un destino diverso e io sarò al suo fianco. Parliamo continuamente di integrazione ed inclusione, ma sono in pochi a fare qualcosa di concreto. Cosa aspettiamo? In gioco c’è il futuro”.

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