Mentre Maria Adriana correva disperata verso l’ospedale per salvare suo padre, i parcheggiatori omertosi guardavano le immagini della videosorveglianza sul cellulare. È la verità che emerge nel corso del processo e ribadita questa mattina in occasione dell'udienza che vede imputati i fratelli Alessandro e Pierluigi Savarese per occultamento delle prove e favoreggiamento.

Gli occhi elettronici del Max Garage furono testimoni oculari dell’omicidio di Maurizio. Nelle immagini di videosorveglianza tutta la verità su quella maledetta notte di sangue. Una verità scomoda, poi cancellata. Sotto pressione di Giorgio Scaramella i fratelli eliminarono le immagini dell’agguato dai rispettivi cellulari, alzando un altissimo muro di omertà.

Al Tribunale di Torre Annunziata – dinanzi al giudice Riccardo Sena – il Pm Giuliana Moccia ha riascoltato l’ingegnere Carmine Testa, perito nominato dalla Procura per analizzare i cellulari dei parcheggiatori. Dalla perizia tecnica è emerso che il 3 aprile – poche settimane prima dell’omicidio –  fu scaricata sul cellulare di Alessandro l’applicazione per visualizzare le immagini del sistema di videosorveglianza del garage. Le tracce informatiche recuperate dal tecnico dimostrano che alle 20.24 del 19 aprile 2021 – giorno del raid punitivo contro Maurizio – uno dei fratelli ha utilizzato l’applicazione e visto delle immagini, presumibilmente quelle dell'omicidio.

La perizia effettuata sull'Iphone di Alessandro ha rilevato un gran numero di dati collegati proprio all'app di videosorveglianza. Quantità che solo la visualizzazione di immagini può generare sul cellulare. Secondo Testa è proprio questo l'elemento chiave che proverebbe che i parcheggiatori hanno visto dei video sull'app proprio la sera stessa dell'omicidio. 

A pochi minuti dall’assassinio di Maurizio Cerrato è l’appuntato Antonio Varone – sezione operativa dei Carabinieri di Torre Annunziata –  ad intervenire sulla scena del crimine per effettuare i primi rilievi. Ispezionando il Max Garage – teatro dell’omicidio – il militare notò la presenza di un gabbiotto, luogo in cui i fratelli svolgevano le attività di lavoro. All’interno della struttura una serie di fili elettrici staccati "presumibilmente collegati alle telecamere di videosorveglianza presenti nel garage" , ha raccontato in aula l'appuntato.

La testimonianza di Antonio Varone – teste di Polizia Giudiziaria nominato dalla Procura di Torre Annunziata – conferma la presenza di occhi elettronici all’interno del parcheggio. Alla luce della perizia tecnica effettuata dall’Ingegnere Testa è realistica l'ipotesi avanzata dalla Procura secondo la quale i cavi siano stati staccati dopo l’omicidio. Tesi avvalorata anche dalla presenza delle immagini del raid punitivo sugli smartphone dei fratelli Savarese, a conferma che le telecamere fossero in funzione durante l’agguato a Maurizio.

Il 1 marzo al Tribunale di Torre Annunziata – dinanzi al Giudice Riccardo Sena – gli imputati al secondo filone processuale si sottoporranno all’esame del Pubblico Ministero Giuliana Moccia. Un altro passo verso la verità per fare luce sugli ultimi istanti di vita di Maurizio Cerrato.

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