“Ora posso tornare a respirare e a vivere. Dopo 44 giorni trascorsi ingiustamente a Poggioreale, proverò a voltare pagina”. A parlare è Antonio Venditto, il giovane di Torre Annunziata coinvolto, in una prima fase, erroneamente nell’omicidio di Maurizio Cerrato. In una lettera indirizzata a “loStrillone.tv” il ragazzo mette nero su bianco la rabbia, l’amarezza e la frustrazione di questi ultimi 12 mesi passati a difendersi dall’infamante accusa di essere un assassino.

Le indagini dei carabinieri, poche ore dopo il delitto, individuarono in lui uno degli autori dell’aggressione sfociata nel sangue. Anche la figlia di Cerrato, in più occasioni, ha puntato il dito contro di lui: solo grazie al lavoro dell’avvocato difensore Mauro Porcelli e alle indagini della Procura si è riusciti a fare chiarezza e ad appurare che Venditto, con l’omicidio Cerrato, non c’entrava nulla. Un errore partito da una forte somiglianza di Venditto con il vero assassino reoconfesso, Antonio Cirillo, attualmente in carcere insieme ai fratelli Scaramella (il quarto, Francesco Cirillo, è ai domiciliari).

LA LETTERA

“Sono stato accusato ingiustamente in cinque occasioni dalla figlia di Cerrato – afferma Venditto – Ho rischiato per colpa altrui di trascorrere la mia vita in un carcere, da innocente. In questa triste vicenda ho perso tanto nel lavoro, nella vita di tutti i giorni e ho rischiato di perdere tutto. Non passa giorno senza che io provi infinita gratitudine per l’avvocato Mauro Porcelli e la PM Giuliana Moccia: grazie a loro sono uscito da quest’incubo. Sono stati mesi per me e i miei estremamente difficili – continua Venditto - Io e la mia famiglia abbiamo ricevuto una quantità enorme di offese e minacce di ogni genere, sia di persona che sui social. A causa di questa vicenda ho perso il lavoro e la dignità, sono sempre stato un onesto lavoratore, ho sempre cercato di aiutare la mia famiglia economicamente e questa vicenda non ha distrutto solo la mia vita ma anche quella di mia madre e di mia sorella”.

Venditto decide di parlare ora, dopo l’udienza preliminare. “Ho visto i servizi video all’esterno del Tribunale e ho notato la presenza di esponenti politici e religiosi, locali e nazionali. Mi aspettavo, in tutta onestà, che qualcuno rivolgesse una parola, facesse un accenno alla mia persona, ingiustamente accusata. Nessuno ha pronunciato una sola parola di solidarietà e di conforto nei miei confronti, che ho trascorso 44 giorni in carcere da innocente. Nessuno mi ha chiesto scusa e questo mi indigna. C’è stata intorno a me tanta indifferenza, come se la mia vita non avesse alcun valore e come se accusare ingiustamente una persona di un reato così grave fosse un tollerabile incidente di percorso. E’ stata un’esperienza dilaniante, che non augurerei al mio peggior nemico. Spero che questa vicenda funga da monito per il futuro affinché nessuno viva l’inferno in cui io, mio malgrado, sono stato trascinato. Ora guardo avanti, cercando di ricucire tutti gli strappi e di voltare finalmente pagina”.

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