“Gran parte dei dati raccolti non sono conformi a quanto emerso durante il processo. Domenico Scaramella si è avviato da solo in quel garage. Non aveva alcun accordo con gli altri che sono entrati e non aveva un coltello con sé. E le dichiarazioni raccolte in fase di incidente probatorio dalla figlia della vittima, Maria Adriana, non sono affidabili”.

L’avvocato Rocco Briganti ha provato a scalfire, in oltre tre ore, la requisitoria del pm Giuliana Moccia che ha chiesto l’ergastolo alle quattro belve che la sera del 19 aprile 2021 uccisero Maurizio Cerrato. Si tratta di Giorgio e Domenico Scaramella, Antonio e Francesco Cirillo. I quattro accerchiarono l’ex dipendente degli scavi di Pompei, fu poi Antonio Cirillo a sferrare la coltellata mortale.

Durante l’arringa difensiva, l’avvocato Briganti ha parlato di incongruenze emerse durante il dibattimento. “Non si denota la condotta di accerchiamento del branco. Non si evince persino una cenno incitativo per far sferrare la coltellata inferta da Cirillo – ha spiegato in aula Briganti -. Proprio lui che è intervenuto per sua scelta, senza intesa con gli altri presenti. E’ lui l’unico responsabile di quanto accaduto. Gli altri indagati nemmeno si sono accorti della presenza di un coltello”.

Nel corso della discussione, è stato tirato in ballo un precedente che riguarda proprio gli stessi giudici che nel tardo pomeriggio emetteranno la sentenza di primo grado. “Sono gli stessi che hanno valutato con le dovute attenuanti la morte di Nicholas Di Martino per mano di Maurizio Apicella e Ciro Di Lauro – ha ricordato in aula Briganti che in quel processo difese la madre della vittima, costituitasi parte civile -. Per questo chiedo che Domenico Scaramella sia assolto per non aver commesso il fatto o almeno che riceva il minimo della pena”.

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