Un fenomeno in crescita costante e preoccupante. Tanti, troppi sono stati i casi nelle ultime settimane che hanno innescato un allarme generale sulla popolazione giovanile. Baby gang che insultano, minacciano e istigano al suicidio. L’ultimo esempio tragico è avvenuto a Gragnano, dove un ragazzino di 13 anni è precipitato dal suo balcone pur di non incontrare i nuovo i suoi baby aguzzini.
Ci sono poi gli ultimi casi avvenuti a Pompei, in pieno centro, anche alla luce del sole. Un allarme che in virtù del nuovo anno scolastico appena iniziato, suscitano preoccupazione.
Per bullismo si intende “il fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico”. Il termine, estrapolato dall’inglese “bullying”, letteralmente significa “intimorire” e in italiano non rende conto delle altre caratteristiche del fenomeno relative all’intenzionalità dell’atto, all’asimmetria della relazione, al perpetuarsi dell’azione nel tempo.
Ed ora, con l’avvento dirompente delle nuove tecnologie, si parla di cyberbullismo, inteso come una forma di bullismo condotto attraverso strumenti telematici, come ad esempio tramite internet e i social network.
I ragazzi raccontano che spesso, nelle scuole, si deve passare attraverso un rito di iniziazione dove si deve sottostare alla legge del più forte (del gruppo più forte) per poter essere lasciati in pace, altrimenti, ribellandosi, si diviene vittima di soprusi. Alla base governa la paura, ma anche l’impossibilità di far ricorso all’adulto per denunciare il fatto e farsi aiutare.
E quasi sempre si ritiene che non ci si possa far aiutare dall’adulto perché i ragazzi preferiscono l’omertà, a volte la sottomissione, piuttosto che coinvolgere l’adulto, sia esso genitore o insegnante, per poter essere aiutati. Un fenomeno che quindi coinvolge l’ambito sociale dei rapporti.
E quando accadono tragedie simili a quelle capitate al piccolo Alessandro, la comunità si interroga sui propri piccoli, sull’educazione che ricevono, se sia abbastanza quello che da genitori si fa per il proprio figlio. Quando un ragazzino di 13 anni muore, è la sconfitta di un intero sistema, quello che ogni giorno cerca di proteggere le giovani generazioni per garantirgli un futuro migliore. Un futuro che Alessandro non potrà vivere. Un futuro troncato dalla violenza di chi, alla loro età, dovrebbe muovere i primi passi nel mondo che verrà.
Un fenomeno in crescita costante e preoccupante. Tanti, troppi sono stati i casi nelle ultime settimane che hanno innescato un allarme generale sulla popolazione giovanile. Baby gang che insultano, minacciano e istigano al suicidio. L’ultimo esempio tragico è avvenuto a Gragnano, dove u...
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