Il giorno del silenzio. Aspettando che la giustizia faccia il suo corso. E’ passato un anno dalla morte di Nicholas di Martino, ma il dolore è ancora vivo e forte come e forse più del primo giorno. Una scia di sangue, armi e morte che ha sconvolto una intera comunità.

Parenti e amici del piccolo Nicholas si sono ritrovati oggi alla chiesa di San Leone a Gragnano. Nessun manifesto funebre ma tanti striscioni sparsi per tutta la città, che non ha ancora dimenticato quella notte drammatica.

Un ricordo preceduto da un incendio, divampato la notte scorsa, sotto casa degli Apicelli, la famiglia di uno dei killer di Nicholas, proprio nell’anniversario della sua morte. Un incendio su cui stanno ancora indagano i carabinieri, che ne hanno appurato la matrice dolosa.

Domani è in programma l’udienza contro gli esecutori materiali dell’omicidio del 17enne e del ferimento di suo cugino Carlo Langellotti. Si discuterà dell’affidamento dell’incarico ai periti che dovranno lavorare sulle intercettazioni ambientali e telefoniche. Nello stesso giorno sarà apposto un altro tassello, ben più importante. Si conclude il rito abbreviato nei confronti di Antonio e Giovanni Carfora, figli del boss ergastolano Nicola “‘ò fuoco”, Raffaele Iovine e Giovanni Amendola.

Secondo la tesi percorsa dall’avvocato dei Carfora, Alfonso Piscino, a sparare per primo in quella vendetta di fuoco (dopo l’omicidio di Nicholas) fu Salvatore Pennino e non i fratelli Carfora, che da aggressori diventarono vittime. Le indagini svelarono che il commando partì (con un quinto uomo tuttora non identificato dalle immagini di videosorveglianza) dal capezzale di Nicholas Di Martino, morto all’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, decisi a vendicare la sua morte.

Una morte che, a distanza di un anno, grida ancora forte il suo sentimento di giustizia.

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