Gragnano. Vendetta di fuoco per vendicare Nicholas: nove anni ai fratelli Carfora
Sette anni e dieci mesi per Giovanni Ammendola e Raffaele Iovine: ma resta l’enigma sul quinto uomo
16-09-2021 | di Marco De Rosa
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Raid per colpire chi aveva ucciso un ragazzino di 17 anni. Condannati a nove anni di carcere Antonio e Giovanni Carfora, ritenuti responsabili del tentato omicidio di Salvatore Pennino. Sette anni e dieci mesi per Giovanni Amendola e Raffaele Iovine. E’ questa la sentenza emessa dal Giudice Maria Luisa Miranda, che alleggerisce la richiesta avanzata dal pm Giuseppe Cimmarotta (complessivamente 50 anni di carcere) nei confronti del commando che quella notte agì per vendicare la morte di Nicholas Di Martino.
Un agguato avvenuto la notte del 25 maggio 2020. Poco dopo aver appreso della morte del loro cugino di appena 17 anni, il commando partì dal capezzale di Nicholas per compiere la vendetta. Due auto, cinque persone (una tuttora non identificata), delle quali due armate e che hanno fatto fuoco per uccidere Salvatore Pennino. La vittima, un 20enne incensurato ritenuto vicino al clan Apicella, riuscì però a sfuggire all’agguato.
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Ha fatto breccia la tesi percorsa dal collegio difensivo, composto dagli avvocati Alfonso Piscino, Antonio Di Martino e Raffaele Chiummariello. Nel corso del processo hanno precisato che con la vittima prescelta sotto tiro, il commando non ha fatto fuoco. A premere il grilletto è stato il fratello, colto da rabbia e disperazione per la morte di suo cugino, di soli 17 anni.
Il giudice non ha ritenuto sussistenti le aggravanti dei motivi abbietti e futili e l'aggravante di avere commesso il tentato omicidio nottetempo mentre ha riconosciuto la diminuente del risarcimento del danno. Delineato quindi il quadro delle responsabilità della vendetta di sangue messa in piedi dalla famiglia Carfora. Un agguato organizzato per vendicare la morte di Nicholas e del ferimento di Carlo Langellotti che quella notte era con lui.
Una notte di scia e di terrore in cui però manca un tassello: il nome della quinta persona che ha partecipato al commando. Immortalato dalle videocamere di sorveglianza poste sul luogo del raid, ma tuttora non identificato.
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