“Non torneremo più a Torre Annunziata. Una sentenza che ci ha restituito una luce ma non c’è più nessun legame con quella città”. Giuseppe e Salvatore Gallo hanno accolto con soddisfazione la condanna all’ergastolo di Francesco Tamarisco, ma conservano il dolore e il dispiacere di non poter tornare più a Torre Annunziata. Una nostalgia acuita sempre più nel corso degli anni. Confidandosi con le poche persone con le quali parlavano, i figli di Matilde Sorrentino non nascondevano la nostalgia per Torre Annunziata, per il mare, per la sfogliatella, pur sapendo che ormai con la terra in cui avevano mosso i primi passi non aveva più nulla a che fare con loro.

C’è tutto nello sfogo dei figli di Matilde con i loro avvocati Elena Coccia e Mariagiorgia De Gennaro. Così hanno commentato la condanna al carcere a vita per il boss Tamarisco. Secondo i giudici della Corte d’Assise di Napoli fu lui ad armare il braccio di Alfredo Gallo per uccidere “mamma coraggio”.

Salvatore e Giuseppe ormai non vivono più a Torre Annunziata. Troppo il dolore per chi è stato triste protagonista delle violenze brutali dei pedofili del Rione Poverelli. Matilde pagò con la vita proprio per denunciare i pedofili che avevano violentato uno dei suoi bambini e fu uccisa il 26 marzo 2004.

Lo stesso bambino, ormai adolescente, fu il testimone chiave per incastrare Alfredo Gallo, esecutore materiale del delitto: lo vide fuggire per le scale subito dopo aver ammazzato Matilde Sorrentino. Al citofono, il killer si era finto un amico del ragazzo. Anche Gallo sta scontando il carcere a vita.

Per Tamarisco invece la condanna è arrivata solo qualche giorno fa. Arrestato già nel 1999 per pedofilia, venne condannato a 10 anni per concorso in violenza sessuale di gruppo. Fu assolto in appello perché negli interrogatori uno dei bambini non confermò le terrificanti accuse mosse contro il boss. Addosso a Tamarisco però resto indelebile il marchio di “Franco ‘o pedofilo” negli ambienti del narcotraffico. Da qui l’astio nei confronti di Matilde per aver contribuito a “inguaiare” la reputazione del boss e a rompere il muro di omertà che avevano costruito attorno a lei.

Una tesi sposata appieno dal procuratore Pierpaolo Filippelli: “Provava astio verso la donna che aveva guidato la rivolta delle mamme del rione contro quegli orrori”. Il pm ha anche conosciuto momenti di alta tensione quando proprio Tamarisco riferì parole minacciose nei suoi confronti, facendo restare attoniti avvocati, testimoni e giudici nel corso del processo. “Dovete ringraziarmi che non sono né Pasquale Galasso e Carmine Alfieri. Altrimenti non avreste fatto il magistrato”. Queste le sue parole. Ultimi sussulti di un boss spietato e senza scrupoli, che ha deciso di togliere la vita ad una donna. Una decisione che pagherà con il carcere a vita.


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