Torre Annunziata. Agguato davanti al tribunale: l’incontro con il killer 24 ore prima di morire
Il retroscena dell’agguato di Catello Martino costato la vita ad Alfonso Fontana
18-03-2024 | di Marco De Rosa
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Un incontro con il killer 24 ore prima di morire. Catello Martino nella sua logica criminale voleva che Alfonso Fontana ammettesse le proprie colpe restituendo la refurtiva. Ma quell’incontro non andò come voleva. Fontana negò tutto, nonostante fosse stato riconosciuto nei video di sorveglianza. Questo “spiega” la follia omicida scatenata da Catello “’o puparuol” la sera del 7 febbraio scorso. Dapprima accerchiò Alfonso “’o fasan”, poi lo raggiunse e lo uccise a colpi di pistola a due passi dal tribunale di Torre Annunziata.
“Fermati, arraggiunamm, parlamm”, queste le ultime parole di Alfonso Fontana: aveva capito che ormai la situazione stava degenerando pericolosamente. Ma Catello Martino, noto esponente della malavita di Castellammare, ha agito senza pietà. Doveva riparare il danno che Fontana, assieme ad altre due persone, aveva procurato, andando a rubare a casa della figlia.
Un invito a restituire il malloppo era giunto anche dagli Imparato, i colonnelli dei D’Alessandro a capo del Rione Savorito di Castellammare. Un consiglio però caduto nel vuoto. E allora Fontana si incontrò con il suo carnefice all’ora di pranzo del giorno prima dell’omicidio, all’Acqua della Madonna, nel territorio controllato dai Fontana. Alfonso ha provato a coinvolgere suo zio Francesco, perché facesse da intermediario e trovare una soluzione con Martino. E’ stato qui che Fontana, nonostante fosse stato messo alle strette facendosi riconoscere nei video, ha negato ogni coinvolgimento nel furto. Una strategia condivisa con la banda, quella di negare anche ai loro familiari per un motivo. Martino pretendeva la restituzione di 91mila euro in contanti, due orologi Rolex di valore e mezzo chilo di oro. Il denaro chiesto da Martino, però, né Fontana né gli altri ce l’avevano. O meglio, nella versione che i gli altri due partecipanti al furto (uno stabiese e uno di Torre Annunziata, che ha poi fatto da gancio per l’ultimo incontro) hanno raccontato ai carabinieri, non l’avevano trovato.
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Martino accettò solo apparentemente le giustificazioni fornite da Fontana, ma nessuno avrebbe potuto presagire un epilogo di tale violenza. Il killer è stato incastrato dalle telecamere di videosorveglianza poste dinanzi al luogo dell’omicidio, poi dalle celle alle quali si è agganciato il suo cellulare, che lo posizionano in una zona assolutamente compatibile con la realizzazione dell’omicidio. Infine, dagli abiti e dal casco ritrovati a casa sua, del tutto compatibili con quelli indossati dall'uomo che ha premuto il grilletto.
Secondo il Giudice, Martino ha organizzato un vero e proprio gruppo di uomini su degli scooter, che hanno circondato la vittima. Dapprima offendendola e ostacolandone la fuga, poi uccidendola senza pietà dinanzi ai passanti, in pieno centro cittadino, potendo contare sulla forza dell’intimidazione e sull’omertà collegate al clan camorristico di appartenenza.
Il messaggio che si intendeva veicolare era che nessuno poteva osare arrecare un tale disonore, in quanto la reazione sarebbe stata immediata e amplificata.
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